mercoledì 19 ottobre 2016

Yemen, il rischio di un allargamento del conflitto – Le mappe

di Rocco Bellantone

@RoccoBellantone

 

Settantadue ore di cessate il fuoco a partire dalla mezzanotte di mercoledì 19 ottobre. Con questo annuncio le Nazioni Unite provano a porre un freno all’ultima escalation di tensioni in Yemen. Che la richiesta di una nuova tregua sia stata sollecitata proprio dagli USA, pochi giorni dopo che le sue navi da guerra posizionate nello stretto di Bab el-Mandeb nel Mar Rosso hanno risposto con lanci di missili al fuoco dei ribelli sciiti Houthi, è solo uno degli aspetti surreali di questa guerra in cui tutti formalmente chiedono la fine delle ostilità e dei bombardamenti ma nessuno, di fatto, si azzarda a prendere una posizione decisa per fermare lo scontro per procura tra Arabia Saudita e Iran.

 

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Il risultato del vertice tenutosi domenica 16 ottobre a Londra, convocato dal segretario di Stato americano John Kerry e a cui hanno preso parte i suoi omologhi di Regno Unito, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti e l’inviato delle Nazioni Unite in Yemen Ismail Ould Cheikh Ahmed, è un accordo per una tregua temporanea che però difficilmente si rivelerà più solido dell’ultimo naufragato in Kuwait all’inizio dello scorso agosto.

 

L’ONU ha garantito che le armi verranno deposte sia dall’esercito del presidente Abdrabbuh Mansour Hadi che dalle milizie degli Houthi. Ma i dubbi palesati al termine del summit londinese da Adel al-Jubeir, ministro degli Esteri saudita, lasciano intendere che Riad non si fida delle buone intenzioni dei ribelli sciiti e che, pertanto, presto assisteremo a nuovi bombardamenti.

 

Yemen_Al_Jazeera

 

Ciò che inizia a emergere ora dopo ora è semmai la vera ragione di questo sforzo diplomatico, voluto da Stati Uniti e Regno Unito per ammorbidire le posizioni di chi – Russia in primis – li accusa di utilizzare due metri di giudizio differenti nel reagire da una parte in modo sdegnato ai raid aerei russi e siriani su Aleppo e, dall’altra, chiudendo un occhio sulle stragi compiute dai caccia sauditi a Sanaa e nelle altre roccaforti dei ribelli sciiti in Yemen.

 

Non potendo bloccare le vendite di armi all’Arabia Saudita, né congelare realmente i rapporti diplomatici con Casa Saud, Washington e Londra hanno così ripiegato su un remake dei negoziati di pace che, però, difficilmente produrrà dei risultati.

 

Yemen_mappa

 

È invece più probabile aspettarsi qualcosa di più concreto dalle “vere” trattative sul futuro dello Yemen, vale a dire quelle che da mesi sono in corso tra i Paesi del Consiglio di Cooperazione del Golfo, organizzazione in cui l’Arabia Saudita può contare sull’appoggio di tutti gli Stati membri tranne che dell’Oman. Nell’ultimo vertice tenutosi lo scorso 3 ottobre a Sohar, le tensioni tra i due Paesi sono venute nuovamente a galla. Da mesi l’Arabia Saudita ritiene infatti che l’Oman non stia facendo abbastanza per proteggere i suoi confini con lo Yemen e impedire così che gli Houthi possano ricevere armi dall’Iran.

 

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Timori fondati, come dimostrano i sei camion fermati nella provincia di Salalah, nella regione del Dhofar, nel sud dell’Oman, con a bordo missili a medio-raggio di fabbricazione iraniana destinati ai ribelli sciiti. Secondo Riad i missili erano dello stesso tipo di quelli che più volte sono stati utilizzati dagli Houthi per attaccare il quartier generale militare della coalizione arabo-sunnita a Khamis Mishait, città situata nella provincia saudita di Ashir al confine con lo Yemen. I servizi segreti sauditi sono convinti che gli Houthi stiano utilizzando la regione omanita del Dhofar per ricevere armi dall’Iran con la complicità dell’intelligence, al cui interno sarebbe maggioritaria l’ala filo-iraniana. Il capo dei servizi segreti e della sicurezza nazionale dell’Oman, Mohammad al-Naamani, da tempo starebbe agendo in autonomia viste le precarie condizioni di salute del Sultano Qaboos Bin Said. Tuttavia si tratta di sospetti che potrebbero rivelarsi privi di fondamento, considerato che Al Naamani è considerato uno dei più stretti collaboratori del Sultano.

 

Lo scontro è comunque destinato a rimanere verbale, almeno fino a quando il Sultano omanita sarà in vita. Ma dopo le prime operazioni militari degli USA e gli spostamenti di navi da guerra iraniane nello stretto di Bab el-Mandeb, l’allargamento del conflitto yemenita ad altri Paesi del Medio Oriente rischia di diventare già nel breve periodo qualcosa di più di una semplice ipotesi.

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Fonte: http://www.lookoutnews.it/yemen-guerra-mappe/

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