venerdì 11 novembre 2016

Haas annuncia secondo pilota 2017

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Arriva l'ufficialità, ampiamente attesa, sulla formazione piloti del prossimo anno del team americano. [...]

Autore: Maxso | Categoria: Sport | Voti: 1 - Commenti: 0


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Trump, noi, il vecchio e il nuovo

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Essendo diventato con gli anni di miglior carattere, quando i molti capiscono ciò che prima si sosteneva in pochi, invece di incavolarmi ne sono contento. Anche se - quando si era pochi - si era presi poco sul serio, o etichettati con definizione [...]

Autore: Hurricane | Categoria: Politica | Voti: 3 - Commenti: 0


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Turchia: Erdogan vuole più potere sui servizi segreti

di Rocco Bellantone

@RoccoBellantone

 

Lavori in corso ai vertici del MIT, l’agenzia di intelligence nazionale della Turchia. Dopo le polemiche seguite al fallito colpo di stato dello scorso 15 luglio, quando i servizi segreti di Ankara vennero accusati da più parti di non aver agito in tempo per prevenire l’azione dei militari golpisti, iniziano adesso a filtrare le prime notizie sul piano di ristrutturazione interna dell’agenzia. Un piano voluto dal presidente Recep Tayyip Erdogan, che punterebbe così a ottenere un controllo sempre più capillare dei servizi.

 

Fondato nel 1965 sulle ceneri del Servizio di Sicurezza Nazionale, il MIT è un servizio unico. I suoi ambiti operativi sono l’intelligence interna, l’OSINT (Open Source Intelligence), il controspionaggio e la cyber security. Istituzionalmente risponde al presidente, al primo ministro, al capo di Stato Maggiore e ad altre strutture dello Stato, comprese quelle che si occupano della gestione dell’economia. Dal novembre del 2015 il direttore del MIT è Hakan Fidan, un politologo laureatosi in Turchia e specializzatosi negli Stati Uniti con alle spalle una lunga esperienza militare.

 

Secondo l’Osservatorio Al Monitor, presto la struttura del MIT potrebbe essere ampliata con il passaggio dagli attuali quattro dipartimenti a sei. I due nuovi dipartimenti si occuperanno rispettivamente del coordinamento delle comunicazioni tra il MIT e le principali istituzioni dello Stato, in particolare i ministeri dell’Interno e degli Esteri, e delle operazioni speciali. Quest’ultimo è un dipartimento su cui il governo turco intende investire molto sia in termini di economici che di risorse umane. L’unità verrà infatti posta al comando della gestione delle operazioni militari in corso nel nord della Siria, dove l’esercito turco è intervenuto alla fine dell’agosto scorso lanciando l’operazione “Scudo sull’Eufrate” in funzione anti-curda, e in Iraq, dove è stato dispiegato un contingente e caccia per garantire ad Ankara voce in capitolo nella spartizione dei territori che seguirà alla fine della battaglia di Mosul contro lo Stato Islamico.

 

Nuove nomine

Oltre all’introduzione di questi due nuovi dipartimenti, è prevista la nomina di altri quattro vice sottosegretari (figure che rispondono direttamente al direttore Hakan Fidan) che saranno responsabili delle seguenti unità: intelligence per la sicurezza, intelligence strategica e intelligence informatica, tutte e tre con compiti operativi; servizi amministrativi interni, con compiti gestionali.

 

L’unità di intelligence strategica avrà un ruolo centrale nel nuovo assetto del MIT poiché si occuperà della pianificazione e del coordinamento delle operazioni di intelligence all’estero (raccolta e analisi di informazioni).

 

Il responsabile dell’unità che si occuperà dell’intelligence informatica potrebbe essere Cemalettin Celik. Entrato nel MIT nel 2012, nel dicembre 2013 è stato nominato vice direttore della Turkish Telecommunications Directorate (TIB), per fare poi ritorno in pianta stabile nei servizi dopo lo scioglimento di questa autorità governativa a seguito del golpe del 15 luglio perché sospettata di essere infiltrata all’interno da sostenitori di Fethullah Gulen, principale oppositore del presidente Erdogan accusato di aver tramato il colpo di stato. Nonostante i suoi trascorsi in questo ente, Cemalettin Celik dovrebbe dunque ottenere una promozione grazie agli ottimi rapporti che da tempo lo legano al direttore Hakan Fidan.

 

Proprio Fidan negli ultimi mesi è stata una delle figure più discusse in Turchia. Dopo il colpo di stato sembrava prossimo a un passo indietro forzato, e invece secondo diversi analisti ha mantenuto il suo posto poiché sarebbe stato a conoscenza del piano dei golpisti e, d’accordo con Erdogan, li avrebbe spinti a esporsi per permettere poi al governo di avere campo libero nella gestione del Paese. Fidan, dunque, non dovrebbe rischiare nulla, anche se di fatto con questa riforma i servizi sono destinati a perdere ulteriormente autonomia divenendo sempre di più un’agenzia non al servizio dello Stato bensì soprattutto del presidente Erdogan.

 

Hakan Fidan(Da sinistra il direttore del MIT Hakan Fidan e il capo di stato maggiore Hulusi Akar)

Le altre mosse di Erdogan

All’ombra di questi cambiamenti Ankara continua a muovere le proprie pedine su altri fronti interni e all’estero. Non solo in Siria e Iraq, ma anche in Europa e Israele. Ismail Hakki Musa, vicedirettore del MIT, sarà il nuovo ambasciatore della Turchia a Parigi in sostituzione del diplomatico Hakki Akil. Musa non sarebbe stato scelto a caso per questo incarico. Secondo gli oppositori curdi del governo turco, Erdogan lo avrebbe infatti inviato nella capitale francese per fargli coordinare azioni mirate contro i militanti del PKK (Partito dei Lavoratori del Kurdistan) residenti nell’Europa Occidentale. Compito che Musa avrebbe già assolto tra il 2011 e il 2012, nel periodo in cui era stato ambasciatore a Bruxelles, quando nel mirino dei servizi turchi finirono Sakine Cansiz, Leyla Soylemez e Fidan Dogan, tre donne legate a diverso titolo al Pkk, il partito dei lavoratori curdo, poi giustiziate a Parigi nel successivo 2013.

 

Interessanti sono anche gli sviluppi che riguardano i rapporti diplomatici con Israele, ripresi nel giugno scorso dopo le tensioni durate per anni a seguito dell’eccidio del 2010 della Mavi Marmara, la nave che portava aiuti umanitari a Gaza, in cui le forze di sicurezza israeliane uccisero nove attivisti turchi. Per il 15 novembre è prevista la nomina dell’ambasciatore turco a Tel Aviv e di quello israeliano ad Ankara. In parallelo, i due Paesi lavorano per smussare altre distanze. Israele chiede alla Turchia segnali concreti affinché non offra più sostegno ad Hamas. Secondo Mossad e Shin Bet, i servizi segreti esterni e interni israeliani, la Turchia garantisce rifugio a diversi leader militari dell’organizzazione terroristica palestinese Hamas, sospetto finora negato da Ankara che ha ammesso esclusivamente la presenza nel suo territorio di esponenti politici dell’organizzazione. Un’intesa per il momento sembra lontana. Ma altre questioni di interesse reciproco – non solo la sicurezza regionale ma anche lo sfruttamento congiunto di giacimenti di gas nel Mediterraneo – spingono entrambi i Paesi a dare continuità alla fase di distensione delle relazioni avviata a giugno.

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Come cambiano le regole per la rottamazione delle cartelle Equitalia

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Le regole per la rottamazione delle cartelle di Equitalia cambiano rispetto ai piani del governo. Il testo del decreto approvato in commissione bilancio alla Camera vede una estensione di un anno della rottamazione che riguarderà oltre al quindicennio 2000-2015 anche l’anno 2016 fino al 31 dicembre. L’allargamento potrà portare ad un aumento del gettito che dai 2 miliardi del 2017 sale a 2,3; si p [...]

Autore: Pennybags | Categoria: Economia | Voti: 1 - Commenti: 0


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USA 2016, c’è ancora una possibilità per Hillary Clinton?

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Mai nella storia degli USA un gruppo di "elettori infedeli" è riuscito nell'impresa di ribaltare le carte in tavola. [...]

Autore: Articolo3 | Categoria: Politica | Voti: 5 - Commenti: 0


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Lacrime di noci di cocco di Frida Kahlo: analisi completa dell’opera

Lacrime di noci di cocco di Frida Kahlo: analisi completa dell’opera
ArteWorld.

Apprestiamoci a conoscere un quadro realizzato negli anni Cinquanta del Novecento da Frida Kahlo, popolare artista contemporanea, autrice di alcuni dei più importanti lavori conosciuti della storia dell’arte degli ultimi decenni. Abbiamo già conosciuto Ospedale Henry Ford (o il letto volante)un’opera legata al doloroso aborto avuto da Frida, ed oggi parleremo ancora di quest’artista con un altro lavoro, intitolato Lacrime di noci di cocco.

Qui potrai leggere tutte le informazioni su questo olio su masonite di Frida; troverai: data di realizzazione, dimensioni, luogo di conservazione, la descrizione e l’analisi dell’opera.

lacrime-di-noci-di-cocco-frida-kahlo-analisi

“Lacrime di noci di cocco” Frida Kahlo

Data di realizzazione: 1951

Dimensioni: 23,2 x 30,5 cm

Dove si trova: Proprietà di Bernard ed Edith Lewin, Palm Springs, California

Nell’ultima fase della sua vita, Frida, a causa del gran numero di medicine di cui faceva utilizzo per sopportare il dolore, si dedicò sulla realizzazione di nature morte di piccole dimensioni, abbandonando completamente gli autoritratti.

Un’altra ragione per cui gli autoritratti non vennero più eseguiti da Frida nell’ultima fase della sua carriera, è perché le medicine di cui faceva uso, la portarono ad un grande degrado fisico, che preferì non utilizzare più se stessa come soggetto dei lavori.

Frida scelse di ripiegare su delle nature morte di piccole dimensioni, poiché questo genere di quadri non richiedeva molta precisione (la quale era sempre più bassa a causa degli effetti collaterali delle medicine che prendeva, mescolate all’alcool).

In origine, questa natura morta, intitolata Lacrime di noci di cocco, era un dono per Elena Boder, un’amica ed un medico di Frida; sulla bandiera che troneggia al centro della composizione, in origine, era presente una dedica per Elena Boder, ma a quest’ultima non piacque molto il quadro e lo ridiede a Frida.

La pittrice, vedendo il suo dono restituito, eliminò la scritta per la Boder e lo vendette.

Due grandi noci di cocco, occupano la parte principale della composizione e quello di destra sta versando delle lacrime: probabilmente è un simbolo dello stato emotivo di Frida durante quegli anni.

I colori sono molto accesi ed il quadro è composto prevalentemente dai colori: giallo, verde, arancione ed il marrone; inoltre, quest’ultimo colore è utilizzato anche per colorare il tavolo su cui è appoggiata la frutta.

 

Lacrime di noci di cocco di Frida Kahlo: analisi completa dell’opera
ArteWorld.



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La Reggia di Venaria e i suoi giardini, un luogo incantato per sentirsi in una fiaba

venaria

La Reggia di Venaria a poca distanza da Torino nella zona nord, è uno dei palazzi sabaudi più rinomati e belli d’Italia, riconosciuta infatti come patrimonio dell’umanità dell’UNESCO.

Costruita su indicazione del duca Carlo Emanuele II in piena epoca rinascimentale che desiderava un luogo vicino ad una zona di caccia, la Reggia di Venaria è prossima a tutto quello che era la brughiera ai piedi delle Valli di Lanzo, ricche per boschi e relativa fauna.
Restaurata dall’inizio degli anni 2000, con continui lavori di manutenzione, è uno dei siti più visitati in Italia, il quinto dagli ultimi dati, con un’affluenza oltre al mezzo milione di persone l’anno.

E’ un complesso monumentale (950.000 metri quadrati) a cui si è poi affiancato anche un piccolo borgo molto grazioso che è diventato parte integrante delle visite turistiche.
La struttura principale è composta da: la Galleria Grande, la Reggia di Diana, Castel Vecchio, Torre dell’Orologio, Torre del Belvedere, Cappella di Sant’Umberto, Cortile dell’Abbeveratoio, Scuderie Alfieriane, Cortile delle Carrozze, Citroneria e Scuderia Juvarriane.

A tutto questo si unisce la parte del giardino che è per estensione doppia di quella della Reggia vera e propria: una serie di aree divise per tematiche (il Giardino delle Rose, l’area dei Pavoni, il giradino dei fiori,…) con percorsi e fontane, ma anche un orto, un frutteto, un noccioleto, una cascina (Cascina Medici del Vascello) dove i fattori risiedevano, talmente ampia che ora è stata ricavata una sala conferenze.
Lo spettacolo che si può ammirare è decisamente unico, in tutte le stagioni, anche l’inverno riesce ad emozionare perché è anche ricco di sempreverdi e di piante che in ogni stagione creano un insieme armonioso e d’effetto.

Le visite sono organizzate in base alle esigenze ed alle stagioni. Percorsi predefiniti ma con anche possibilità su richiesta di personalizzazioni. La Reggia e i suoi spazi annessi spesso accolgono esposizioni, mostre ed eventi, anche altamente esclusivi come il Ballo delle debuttanti che ogni anno viene realizzato in pompa magna.

 

Reggia di Venaria Reale
Piazza della Repubblica 4
Venaria Reale (TO)

Apertura della Reggia
Da martedì a venerdì dalle 9.00 alle 17.00
Sabato, domenica e festivi dalle 9.00 alle 19.00
Chiuso il lunedì e Natale

Il giardino ha orari diversi in base alla stagione

Per informazioni: www.lavenaria.it

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Libia, Sirte: la battaglia infinita contro lo Stato Islamico

di Rocco Bellantone

@RoccoBellantone

 

In Libia poche decine di miliziani dello Stato Islamico, probabilmente meno di un centinaio, continuano a resistere a Sirte. Nella roccaforte jihadista gli irriducibili al servizio del Califfo Abu Bakr Al Baghdadi da settimane sono rintanati nel quartiere di Ghiza Bahriya. Mercoledì 9 novembre i combattenti di Misurata, la milizia a capo dell’operazione militare “Al-Bunyan Al-Marsous” lanciata nel maggio scorso dalle forze fedeli al premier del Governo di Accordo Nazionale Fayez Serraj, hanno annunciato tramite i loro canali social di aver guadagnato ulteriore terreno e di aver ucciso cinque cecchini appostati sul tetto di un palazzo.

 

Ma l’avanzata dei tank tra gli edifici sventrati dai bombardamenti aerei, e i rastrellamenti casa per casa, procedono lentamente. Secondo gli esperti militari americani che monitorano da una base allestita alle porte di Sirte l’andamento delle operazioni, i miliziani jihadisti sarebbero ormai rifugiati in un’area delle dimensioni di un campo di calcio. Stanarli e ucciderli si sta rivelando però molto più complicato del previsto. Un attacco frontale metterebbe infatti a repentaglio la vita dei civili presi in ostaggio dagli uomini del Califfato, che potrebbero esserli come scudi umani o come esche per tendere nuove imboscate. Negli ultimi giorni diversi prigionieri sarebbero stati uccisi per aver tentato di fuggire di Ghiza Bahriya. Inoltre, così come già fatto nelle battaglie a difesa dei propri bastioni in Siria e Iraq, lo Stato Islamico avrebbe armato bambini per schierarli contro il nemico e dotato di cinture esplosive i suoi miliziani feriti per mandarli al martirio.

 

Perché ISIS resiste a Sirte

Iniziata il 12 maggio scorso, l’operazione “Al-Bunyan Al-Marsous” ha finora deluso le aspettative di quanto speravano in una battaglia lampo a Sirte. I morti invece sono stati oltre 660 e i feriti circa 3mila contro le circa 2mila vittime tra i jihadisti. A influire sul rallentamento dell’offensiva non sono però solo i civili presi in ostaggio. I combattenti di Misurata sono infatti male organizzati e mal pagati, e alla luce di quanto avvenuto a Tripoli nelle scorse settimane, dove è tuttora in corso una lotta per il potere tra Serraj e il premier del deposto Governo di Salvezza Nazionale Khalifa Ghwell, i comandanti starebbero prendendo tempo in attesa di capire a chi dovranno rispondere una volta liberata la città. Verranno ripagati per gli sforzi compiuti, o finiranno per scontrarsi con l’Esercito Nazionale Libico (LNA) Khalifa Haftar? È una domanda che tutti, e non solo loro, si pongono in Libia.

 Sirte(Sirte, 10 novembre 2016: l’interno di un edificio liberato da ISIS)

 

Le ultime risposte arrivate dagli Stati Uniti, dove si dovrà attendere la fine di gennaio per l’insediamento del nuovo presidente Donald Trump, non servono a sciogliere questi dubbi. Il 9 novembre, i vertici della missione AFRICOM (United States Africa Command) hanno infatti annunciato la ripresa dei raid aerei su Sirte. Finora in totale i blitz compiuti sono stati 368. I prossimi a decollare potrebbero essere velivoli senza pilota Reaper dalla base italiana di Sigonella, ed elicotteri Super Cobra dalla nave da assalto anfibio USS San Antonio.

 

“Se ulteriori raid saranno necessari – ha affermato il portavoce del Pentagono Peter Cook – siamo pronti a lanciarli”. Ma obiettivamente è difficile spiegare come questa tattica possa coniugarsi con l’auspicio di non procurare altre vittime tra i civili intrappolati a Sirte. A esprimere molto meglio il senso di questa battaglia è piuttosto Rida Issa, portavoce delle milizie che sostengono Serraj. “Questa non è una battaglia facile perché stiamo combattendo contro un’ideologia radicale secondo la quale la morte è un’aspirazione. Un nemico come questo può essere eliminato definitivamente solo quando tutti i suoi combattenti saranno uccisi. E questo è quello che stiamo facendo. Di sicuro, questa battaglia è andata avanti troppo a lungo, ma questa è la guerra, non una partita di calcio”.

 

L’accordo tra Mosca e Haftar

All’ombra della battaglia di Sirte, continuano le manovre di quelle potenze straniere che a differenza di Nazioni Unite, Stati Unite ed Europa (Italia compresa) hanno deciso di puntare sul generale Haftar. Al centro del fronte a sostegno del generale della Cirenaica si è ormai posizionata stabilmente la Russia che da un anno, con la mediazione del presidente egiziano Abdel Fattah Al Sisi, ha intensificato i contatti con il governo di Tobruk del premier Abdullah Al Thinni e con i vertici dell’LNA.

 

Dalle trattative il Cremlino è passato ai fatti lo scorso 8 novembre firmando con l’esecutivo di Tobruk accordi del valore di 4,4 miliardi di dollari, alcuni dei quali firmati prima della caduta di Gheddafi nel 2011, per la manutenzione di aerei e navi militari di fabbricazione russa in possesso dell’LNA.

 

Khalifa Haftar(Il generale Khalifa Haftar)

 

Non potendo fornire direttamente armi ad Haftar, poiché è in vigore l’embargo delle Nazioni Unite, Mosca si limiterà per il momento a rimettere in sesto quelle d’epoca sovietica che sono già in dotazione delle forze armate libiche. Ma la presenza da giorni di decine di consiglieri militari russi nelle basi dell’LNA nei territori controllati dalle truppe di Haftar, dimostra che il piano del Cremlino è ben più ambizioso e mira a un consolidamento della sua posizione nello scacchiere nordafricano. Un’area dall’altissimo valore strategico, e non solo per la lotta a ISIS, in cui il peso dell’Occidente – Francia esclusa – è sempre meno rilevante.

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Mestieri inutili: sondaggisti e sismologi superano in classifica lo sceneggiatore di film porno

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“È tutta la vita che studio i terremoti: ho iniziato da bambino agitando il tavolino e osservando il crollo dei castelli di carte di mia sorella, nonostante le sue lacrime. Ho preso una laurea in Fisica e il Master in Scienze geologiche, ho seguito vari corsi di aggiornamento e mi sono sorbito tutti i congressi nazionali ed internazionali, per non parlare delle vacanze in tutte le zone a più alto [...]

Autore: satyricon | Categoria: Satira | Voti: 1 - Commenti: 0


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Referendum, troppo spazio al 'no' su La7 e Sky: “Più par condicio”

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L'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ammonisce Enrico Mentana e la tv satellitare e chiede maggior visibilità anche alle posizioni favorevoli al referendum del 4 dicembre [...]

Autore: Pennybags | Categoria: Politica | Voti: 3 - Commenti: 0


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Ferrara: una mostra su Ariosto per festeggiare i 5 secoli dell’Orlando Furioso

ferrara

La città di Ferrara quest’anno festeggia un anniversario importante: l’“Orlando Furioso” compie 500 anni e per l’occasione Palazzo dei Diamanti ospita una mostra dedicata al padre del poema rinascimentale, Ludovico Ariosto.

Cosa vedeva Ariosto quando chiudeva gli occhi”, la domanda insita nel titolo della mostra ferrarese trova la sua risposta immediata nell’esposizione stessa, in cui capolavori di Mantegna, Paolo Uccello, Tiziano ricostruiscono il fantastico mondo cavalleresco del Furioso e dei suoi paladini, opere d’arte che hanno affollato l’immaginario di Ariosto e ispirato la sua opera.

L’“Orlando Furioso”, stampato a Ferrara nel 1516 e concepito nella città estense, è uno dei capolavori assoluti della letteratura occidentale, che attraverso le sue tre redazioni cambia radicalmente, così come muta il mondo attorno al suo autore: questa mostra è una straordinaria narrazione dei cambiamenti di questo secolo attraverso i capolavori dei più grandi artisti del periodo, oltre che un suggestivo spaccato della Ferrara rinascimentale.

Grazie al sostegno di alcuni tra i maggiori musei al mondo, fino al prossimo 8 gennaio sarà possibile ammirare a Palazzo dei Diamanti a Ferrara sculture antiche e rinascimentali, incisioni, arazzi, armi, libri, e opere di Mantegna, Leonardo, Raffaello, Botticelli, Tiziano.

Info

Palazzo dei Diamanti, Corso Ercole I d’Este 21, Ferrara
24 settembre 2016 – 8 gennaio 2017
Tutti i giorni 9-19
Biglietti (audioguida inclusa) 13€
0532 244949
diamanti@comune.fe.it
www.palazzodiamanti.it

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Asia: come cambierà la politica degli USA con Trump alla Casa Bianca

di Priscilla Inzerilli

Non solo gli Stati Uniti, ma il mondo intero si sta preparando alla “rivoluzione” che ha preso il via con l’elezione del nuovo presidente americano Donald Trump. Gli effetti destabilizzanti della potenziale ascesa del tycoon newyorchese alla Casa Bianca si erano fatti sentire sulle piazze asiatiche già ben prima che venissero divulgate le proiezioni ufficiali del voto, anche se a elezione avvenuta la reazione è stata positiva.

 

Al di là degli scossoni che stanno investendo i mercati finanziari internazionali, come fisiologica reazione al cambio di establishment di una potenza economica mondiale del calibro degli USA, in molti ora si stanno domandando se, e in che misura, tale evento riuscirà effettivamente a scuotere le fondamenta degli equilibri politici ed economici globali.

 

Una cosa è certa: chi tra gli americani ha scelto Trump, lo ha fatto in segno di deciso rifiuto di uno status quo che caratterizza ormai da decenni la politica estera e interna di Washington. Ciò appare chiaro anche agli occhi di quei capi di Stato, come il presidente russo Vladimir Putin e il presidente cinese Xi Jinping, che vedevano nella candidata democratica Hillary Clinton un avversario politico più prevedibile e dunque temibile, dimostrando invece di avere un occhio di riguardo nei confronti del tycoon, pur considerando la sua scarsa esperienza politica.

 

USA_CINA(Il segretario di Stato americano uscente John Kerry a Pechino, 27 gennaio 2016)

 

Il confronto con la Cina

La classe dirigente cinese appare preoccupata di un’eventuale virata protezionista degli USA e dell’imposizione di sanzioni sul commercio; tuttavia la Cina potrebbe trarre vantaggio dall’elezione di Trump proprio per la possibilità che il nuovo presidente americano, da uomo d’affari qual è, decida di concentrarsi sugli aspetti economici, lasciando in secondo piano questioni più controverse come i diritti umani o le politiche di sicurezza in Asia, in particolare in merito al rispetto del principio della libertà di navigazione e alle dispute territoriali che infiammano le acque del Mar Cinese Meridionale.

 

Il presidente Xi Jinping ha definito le relazioni tra Cina e Stati Uniti “di alto valore”, augurandosi di poter avviare al più presto una collaborazione reciproca “per estendere la cooperazione Cina-USA in ogni campo, a livello bilaterale, regionale e globale, sulla base dei principi del non-conflitto, rispetto reciproco e collaborazione vantaggiosa per tutti”.

 

I rapporti con Putin: nemici come prima?

Una posizione analoga è quella di Mosca, che se da una parte guarda con favore alla nuova linea annunciata da Trump durante la campagna elettorale (maggiore concentrazione sulla politica interna americana, ripristino del dialogo con la Russia per combattere congiuntamente lo Stato Islamico, disimpegno nella questione ucraina, rifiuto di condannare i raid russi su Aleppo), dall’altra il Cremlino sa bene che dovrà avere a che fare non con un singolo interlocutore politico, ma con l’intero apparato governativo americano.

 

Putin_Obama(Putin e Obama al G20 di Antalya, Turchia, 16 novembre 2015)

 

L’alleanza con il Giappone

Preoccupato per le conseguenze economiche, ma fiducioso sul piano delle relazioni politiche, si è mostrato invece il Giappone, che ha accusato immediatamente la prospettiva di un forte apprezzamento dello yen, che deprimerebbe la Borsa nipponica, ma soprattutto il timore nei confronti della posizione critica di Trump nei confronti del Trans-Pacific Partnership (TPP), l’accordo di libero scambio tra gli Stati Uniti e i principali attori economici della regione Asia-Pacifico (Cina esclusa), che adesso rischia di restare lettera morta.

 

Dopo le congratulazioni di rito, il premier giapponese Shinzo Abe si è premurato di sottolineare che “la stabilità della regione Asia-Pacifico, che è una forza trainante per l’economia globale, porta pace e prosperità agli Stati Uniti. Giappone e USA sono solidi alleati legati fermamente da valori universali come libertà, democrazia, diritti umani di base e Stato di diritto”.

 

La questione Nord Corea

Fortemente preoccupate anche le autorità governative della Corea del Sud, che hanno convocato il Consiglio sulla sicurezza nazionale per discutere “il potenziale impatto” della nomina a presidente di Trump, il quale in più di un’occasione ha mostrato un atteggiamento conciliante nei confronti dello spauracchio dell’Asia, la Corea del Nord, dalla quale era stato definito un “candidato lungimirante”, che avrebbe potuto contribuire alla riunificazione della penisola.

 

rapporti con Duterte, il “Trump d’Asia”

Le espressioni più calorose nei confronti del neo eletto presidente Trump sono state però senza dubbio quelle rivoltegli dal suo omologo filippino – non a caso da molti definito il “Donald Trump dell’Asia” – Rodrigo Duterte, salito all’onore delle cronache nel corso degli ultimi mesi per la sua feroce politica contro i crimini legati ai traffici di droga.

 

Rodrigo Duterte(Il presidente delle Filippine Rodrigo Duterte)

 

Il presidente filippino si è congratulato vivamente con Trump, inviando inoltre un comunicato nel quale “auspica di lavorare con la nuova amministrazione per migliorare le relazioni tra le Filippine e gli Stati Uniti, relazioni ancorate sul rispetto reciproco, sul reciproco vantaggio e sull’impegno condiviso nei confronti degli ideali di democrazia e di Stato di diritto”. Sicuramente un passo in avanti, se si considerano i toni che erano invece stati riservati al presidente uscente Obama, definito senza mezze misure un “figlio di p…” per aver sollevato critiche riguardo ai metodi sanguinari adottati dal “giustiziere” Duterte nella sua lotta al narcotraffico nelle Filippine.

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AOSP sul Nexus 7 (2012) Android 7.1 Nougat

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AOSP sul Nexus 7 (2012) Android 7.1 Nougat, come state vedendo sia AOSP che Cyanogenmod si stanno dando da fare per aiutare i propri utenti ad aggiornare i loro telefoni sia vecchi, sia quelli nuovi. Come ben sapete è già un po che il Nexus 7 non riceve alcun aggiornamento ufficiale. [...]

Autore: supermorgana | Categoria: Scienza e Tecnologia | Voti: 1 - Commenti: 0


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Foa: solo i media si stupiscono della rivolta contro l’élite

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«E’ troppo presto per dire che Trump sarà un pessimo presidente, così come era stato troppo presto affermare, otto anni fa, che Obama sarebbe stato un grande presidente. Lasciamoci sorprendere». Parola di Marcello Foa, uno dei pochissimi grandi osservatori italiani a potersi dichiarare nient’affatto stupito dalla clamorosa vittoria di Donald Trump. Un uomo, dice, da cui teoricamente l’Europa potre [...]

Autore: Vulvia | Categoria: Politica | Voti: 7 - Commenti: 0


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Ananas al forno: un dessert sfizioso con aceto balsamico e gelato

ananas

Lo sapevate che l’ananas ha proprietà digestive, diuretiche e anche antinfiammatorie?
Lo trovate davvero in tutte le stagioni, ma nel periodo invernale è sicuramente di migliore qualità: allora eccovi una ricetta semplice per un dessert a base di ananas e gelato, arricchita dal sapore denso dell’aceto balsamico. Figurone assicurato!

 

Ingredienti:

1 ananas maturo
liquore all’arancia che preferite
burro
4 cucchiai di zucchero
gelato alla vaniglia
aceto balsamico

Procedimento:

Preriscaldate il forno a 200°C e sbucciate l’ananas: tagliatelo a spicchi, eliminando la parte centrale, e disponeteli in una teglia da forno precedentemente imburrata.

Spolverateli di zucchero, liquore all’arancia e piccoli fiocchi di burro, e fate cuocere l’ananas nel forno per circa 10 minuti: quando sfornate lasciate raffreddare.

Ad ogni spicchio d’ananas accompagnate una pallina di gelato e un filo di aceto balsamico…e servite il vostro dessert!

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USA 2016: LE ELEZIONI IN DIRETTA LIVE

Giovedì 10 novembre

Ore 09:00 – Dati Reali: Trump 290 grandi elettori (47,5%, 59.698.506 voti); Clinton 232 (47,7%, 59.926.386 voti). Repubblicani in vantaggio sia al Senato (51 a 48) che alla Camera dei Rappresentanti (238 a 1913).

 

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Venerdì 9 novembre

 

Ore 21:40 – Dati Reali: Trump 290 grandi elettori (47,5%, 59.511.455 voti); Clinton 228 grandi elettori (47,7%, 59.729.818).

Ore 11:30 – Dati Reali: - Trump, 289 grandi elettori: Alabama (9) Alaska (3) Arizona (11) Arkansas (6) Florida (29) Georgia (16) Idaho (4) Indiana (11) Iowa (6) Kansas (6) Kentucky (8) Louisiana (8) Maine (1) Mississippi (6) Missouri (10) Montana (3) Nebraska (4) North Carolina (15) North Dakota (3) Ohio (18) Oklahoma (7) Pennsylvania (20) South Carolina (9) South Dakota (3) Tennessee (11) Texas (38) Utah (6) West Virginia (5) Wisconsin (10) Wyoming (3).

- Clinton, 218 grandi elettori: California (55) Colorado (9) Connecticut (7) Delaware (3) Hawaii (4) Illinois (20) Maine (3 su 4) Maryland (10) Massachusetts (11) New Jersey (14) New Mexico (5) Nevada (6) New York (29) Oregon (7) Rhode Island (4) Vermont (3) Virginia (13) Washington state (12) Washington, DC (3).

Ore 09:45 - Dati Reali: CNN assegna 289 grandi elettori a Donald Trump (47.8%) e 218 a Hillary Clinton (47,4%). Ancora in corso la verifica dei voti in Minnesota, Michigan e New Hempshire. Repubblicani in vantaggio sia al Senato (51 a 47) che alla Camera dei Rappresentanti (235 a 191).

Ore 8:49 - Trump parla per la prima volta da nuovo presidente degli Stati Uniti: “Mi impegno a essere Presidente di tutti gli americani. Le persone dimenticate nel nostro paese, non saranno più dimenticate”.

Ore 8:40 - Hillary Clinton telefona a Donald Trump per riconoscere il risultato elettorale.

Ore 08:08 – Dati Reali: Si attende l’ufficialità, Trump presidente. Clinton rifiuta di parlare, il portavoce John Podesta ai democratici “contiamo i voti, andate a casa”.

Ore 07:42 – Dati Reali: Trump prende Pennsylvania e Michigan e ottiene i 270 elettori. Clinton ferma a 218. Manca solo l’ufficializzazione, percentuali oltre il 90%. Donald Trump è virtualmente presidente.

Ore 07:38 – Dati Reali: Trump sempre più vicino alla Casa Bianca. Con la conquista della Pennsylvania si avvia verso i 270 grandi elettori necessari per diventare presidente. Il tycoon è a quota 255, mentre Clinton è ferma a 215.

Ore 06:38 - Dati Reali: Trump sempre più vicino alla Casa Bianca. Dopo aver vinto in Florida, Wisconsin si avvicina anche a Iowa e Michigan, e continua a marciare verso i 270 grandi elettori necessari per diventare presidente. Il tycoon è a quota 255, mentre Clinton è ferma a 209.

Ore 05:47 - Dati Reali: Trump prende anche il Wisconsin. Davanti sui tutti dati nazionali, è in procinto di vincere. Iniziano i festeggiamenti all’Hilton dove sono i repubblicani e alla Trump Tower.

Ore 04:56 – Exit Poll: Trump avanti sui dati nazionali, conquista Florida, Ohio, Michigan, lascia Virginia ma avanza in tutti gli altri stati ancora da aggiudicare. California alla Clinton.

Ore 04:00 – Exit Poll: Trump avanti 148 elettori – Clinton 122 elettori. Virginia in bilico, Michigan e Nevada avanti Trump.

Ore 03:18 – Exit Poll: Trump avanti 128 elettori – Clinton 97 elettori. Repubblicani avanti in North Carolina e in Texas, West Virginia, Indiana, South Carolina, Kentucky e altri 9 stati. Democratici vincono in 7 stati più New York e D.C. Ohio,Virginia, Georgia, Pennsylvania e New Hampshire “too close to call”.

Ore 03:08 – Exit Poll: Testa a testa tra Trump al 50% dei voti totali e 84 elettori contro Clinton al 46% a 97 elettori.

Ore 02:34 – Exit Poll: Florida e Virginia avanti Trump, Ohio e Texas avanti Clinton. Congresso verso la conferma ai Repubblicani.

Ore 02:18 – Exit Poll: Florida al 48,5% per entrambi, Trump avanti in Pennsylvania.

Ore 02:00 – Exit Poll: Hillary Clinton avanti con 68 grandi elettori contro i 48 di Donald Trump. Pennsylvania, New Hampshire e Florida in bilico, “too close to call”.

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Come visitare Arezzo in Un Giorno

Arezzo è la nota patria di Michelangelo, di Piero Della Francesca e anche di Benigni. Uno scrigno toscano di circa 100 mila abitanti, ricco di bellezze storiche ed artistiche concentrate nel centro storico. Da sempre, ha avuto un ruolo rilevante nella storia della Toscana. Piuttosto piccola e compatta si può visitare anche in un solo giorno. Ecco alcuni suggerimenti per organizzare al meglio una g [...]

Autore: MissKappa | Categoria: Cultura e Spettacoli | Voti: 1 - Commenti: 0


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Referendum, l’Anpi caccia la senatrice Laura Puppato

Foto

«Non esiste. Appena mi arriverà sotto gli occhi la richiesta della Puppato la straccerò. E le ridarò i soldi dell’iscrizione. Un conto è avere idee personali sul referendum, ci mancherebbe; un altro è essere un nostro associato e, soprattutto essendo un politico noto, fare comizi a favore della modifica della Costituzione, che noi, invece, difendiamo coi denti». Le parole del presidente Anpi di Tr [...]

Autore: Giornalettista | Categoria: Politica | Voti: 5 - Commenti: 0


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Italia Pop: l’arte degli anni del boom in mostra a Parma

italia pop

“Italia Pop. L’arte negli anni del boom”, questo il titolo della collettiva che mette insieme alcuni dei grandi esponenti del secolo passato, da De Chirico a Burri, da Schifano a Fioroni, che potranno essere ammirati solo fino all’11 dicembre 2016 alla Fondazione Magnani Rocca di Parma.

Una grande mostra sulla Pop Art italiana sbarca a Parma, nella villa dei Capolavori, con circa 70 opere provenienti da importanti istituzioni pubbliche e prestigiose collezioni private: la declinazione italiana della Pop Art prende una via linguisticamente autonoma rispetto ai modelli europei e statunitensi dello stesso periodo, e in questa mostra ne viene marcata la specificità.

De Chirico e Burri rappresentano il primo approccio italiano alla contemporaneità, alla figurazione e all’oggetto, ma i precursori del linguaggio Pop propriamente detto sono quegli artisti che dall’immediato secondo dopoguerra hanno affrontato i temi del nuovo paesaggio visivo in un Paese che andava uscendo dai traumi della guerra e aprendosi a nuovi, inediti stili di vita, capaci di generare naturalmente anche nuove immagini.

I centri nevralgici di questo straordinario fervore artistico sono Milano, Roma ma anche Torino e la Toscana: l’utilizzo di immagini e stilemi della cultura di massa per realizzare un’arte esplicitamente politica è un fenomeno cruciale nell’evoluzione del linguaggio Pop in Italia, che per altro riflette il nuovo clima sociale diffuso in tutto il mondo alla fine del decennio.

Nelle bellissime sale della Villa dei Capolavori, gli arredi e i dipinti della Fondazione dialogano con una serie di sculture inedite creando un contrasto davvero unico: alle opere pittoriche e scultoree si affiancano alcuni significativi pezzi di design dell’epoca, oltre che rimandi all’editoria e alla discografia.

È un’immersione totale nel clima culturale dell’Italia Pop, in un momento cruciale di svecchiamento della cultura italiana al confronto diretto con la nuova cultura di massa, analizzata da grandi intellettuali come Pier Paolo Pasolini e Umberto Eco.
Nel percorso della mostra, il video sul mondo del Piper Club di Roma, vero tempio della musica e del costume popolare anni Sessanta, completa l’affresco di questo particolare periodo.

Info

10 settembre-11 dicembre 2016
Fondazione Magnani Rocca
via Fondazione Magnani Rocca 4, Mamiano di Traversetolo (Parma)
mar-ven 10-18
sab-dom-festivi 10-19
lunedì chiuso
biglietti € 10 (valido anche per le raccolte permanenti e per la Stanza dedicata a Monet)
0521 848327 / 848148
info@magnanirocca.it
www.magnanirocca.it

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Donald J. Trump, an american boy

di Luciano Tirinnanzi

@luciotirinnanzi

Come recita la sua biografia ufficiale “Donald J. Trump è la definizione stessa di una storia americana di successo, impostata continuamente sugli standard di eccellenza, e con interessi in espansione nel settore immobiliare, dello sport e dell’intrattenimento”. E della politica, dovremmo aggiungere oggi. “Lui è l’archetipo del businessman, un creatore di affari senza pari” aggiunge poi il profilo della Trump organization, la società ereditata dal padre e di cui oggi il magnate newyorchese è a capo, insieme alla famiglia.

 

Fa riflettere proprio quest’ultimo passaggio. Donald J. Trump è l’archetipo del businessman. Forse proprio per questo sta riuscendo a “vendere sogni” agli americani. Sogni che, tuttavia, si potrebbero anche concretizzarsi il giorno in cui il re dell’immobiliare dovesse prestare giuramento sulla bibbia (cosa che peraltro un presidente non è obbligato a fare). Se il democratico Obama scelse una bibbia appartenente ad Abramo Lincoln per il fatidico giorno d’insediamento, chissà cosa sceglierebbe l’estroso Trump. Magari un libretto d’assegni.

 

Donald Trump calls for the demolition of the Chicago Sun-Times building to begin.

 

I sondaggi tra i repubblicani

 

Ma è assai presto per dire bene o male di tutto ciò. Anche se lui già immagina per sé un futuro da comandante in capo. E i sondaggi, al momento, sembrano davvero dargli ragione. Attualmente, tra i repubblicani il candidato Trump domina la classifica col 30% delle preferenze. Mentre il “figlio d’arte” Jeb Bush, la cui famiglia è sempre stata un risorsa importante per il Grand Old Party, è staccato di ben 22 punti dalla vetta, attestandosi a un misero 8%. Cosa che in casa Bush, dove si contano ben due presidenti prestati alla causa, non dev’essere un fatto vissuto particolarmente bene: a leggere queste cifre, infatti, il politico texano non ha molte speranze di sfidare i democratici alle elezioni del novembre 2016. Non va bene neanche al candidato di quel Tea Party che tanto ha dato filo da torcere all’intero Congresso negli ultimi anni: Ted Cruz, infatti, è al palo insieme a Bush all’8%. Decisamente meglio va all’ex chirurgo Ben Carson, che è a quota 18%. Mentre delude il senatore di origini cubane, Marc Rubio, che non sembra ancora aver convinto l’elettorato decisivo dei latinos, e al momento è fermo a uno sconfortante 5%.

 

 

A seagull flies past the Trump Plaza Hotel and Casino, one of two casinos owned by Trump Entertainment Resorts, in Atlantic City, New Jersey

 

Una carriera tutt’altro che politica

 

Se in Italia siamo abituati agli istrioni e ai parvenu della politica, non è esattamente così negli Stati Uniti. Eccezion fatta per la California, ovviamente, che ha prodotto il governatore Arnold Schwarzenegger e soprattutto il governatore e poi presidente Ronald Reagan; tuttavia, il Golden State è storia a sé e gli elettori californiani sono tutta un’altra razza.

 

Oggi nell’America dei grandi agglomerati urbani e delle tensioni razziali, tutti si domandano allibiti: che ci fa un imprenditore che ama il jet set nella sfida per la Casa Bianca? E soprattutto, che ci fa tra i repubblicani? Uno che in passato non solo ha fatto numerosi cameo per la televisione e il cinema (Sex and the city e il sequel di Mamma ho perso l’aereo su tutti), ma ha sostenuto a lungo i democratici e ha persino finanziato quell’Hillary Clinton che presto potrebbe essere la sua prossima avversaria alla corsa finale per la Casa Bianca.

 

La risposta è forse nel deserto d’idee che ha contraddistinto le linee politiche dei conservatori degli ultimi otto anni, tanto da essere insidiati in casa propria da un partito ribelle, il Tea Party, che prometteva miracoli e che pare essersi già sgonfiato. O forse, come recita una canzone di Bruce Springsteen, “poor man wanna be rich, rich man wanna be king, and a king ain’t satisfied, till he rules everything”. Il ricco vuol essere re e non sarà soddisfatto finché non avrà tutto. E dire che il nostro ha già molto.

 

A view of The Trump International Hotel & Tower Las Vegas during its official opening in Las Vegas

 


Chi è davvero “The Donald”?

Mr. Trump ha iniziato la sua carriera in un ufficio che condivideva con il padre Fred a Sheepshead Bay, a Brooklyn, New York. Ha lavorato al suo fianco per cinque anni,  e di lui diceva “è stato il mio mentore, e da lui ho imparato una quantità enorme di cose su ogni aspetto del settore edile”. Allo stesso modo, Fred C. Trump spesso affermava “alcuni dei miei migliori accordi sono state conclusi da mio figlio, Donald. Tutto ciò che tocca sembra trasformarsi in oro”. E, in effetti, Donald Trump ha costruito grandi fortune, soprattutto una volta entrato nel mondo immobiliare di Manhattan, dove la firma Trump è sinonimo dei più prestigiosi indirizzi. La Trump Tower sulla celebre Fifth Avenue; gli edifici residenziali di lusso di Trump Parc e Trump Palace; Trump Plaza sulla 610 Park Avenue; The Trump World Tower, l’edificio più alto sulla East Side; e ancora il Trump Park Avenue e il terreno sotto l’Empire State Building. E ciò vale solo per la città di New York, ma il suo marchio è ovunque in America e nel mondo (a Las Vegas il suo grattacielo a vetri è colorato d’oro).

 

 

 

Woman passes the site of the Trump hotel in Washington

 

Così, “The Donald”, come lo soprannominò a suo tempo la moglie Ivana, a meno di clamorosi scivoloni o di scheletri nell’armadio appare sempre più come l’uomo forte del GOP. Anche se la sua politica invero punta a stupire e a spaccare l’elettorato, con quel fare da bullo e con quelle strane idee sulle tasse che non sono certo nella tradizione dei repubblicani – al contrario della sua opinione radicale sugli immigrati – e che potrebbero anche fargli perdere punti lungo la strada in salita che conduce a Washington D.C.

 

Ma lui è talmente sicuro di vincere che già lungo Pennsylvania Ave NW, ovvero la strada che dalla Casa Bianca porta al Congresso degli Stati Uniti, ha visto bene di acquistare e ristrutturare il magnifico vecchio Ufficio delle Poste per farne il più grandioso dei suoi hotel di lusso. E già oggi, camminando per strada, lungo quella celebre direttrice si può leggere una scritta equivoca e al tempo stesso chiarissima: “TRUMP, COMING 2016”.

 

Articolo pubblicato il 5 settembre 2015

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Fonte: http://www.lookoutnews.it/donald-trump-republican-usa-2016/