mercoledì 19 ottobre 2016

Elezioni USA, Trump contro Clinton: l’ultimo duello in tv

di Alfredo Mantici

 

Negli Stati Uniti nella serata di oggi, mercoledì 19 ottobre, alle 21 (ora locale) all’Università del Nevada a Las Vegas Hillary Clinton e Donald Trump si affronteranno nell’ultimo dibattito televisivo prima delle elezioni presidenziali dell’8 novembre. Il duello concluderà la parte “televisiva” di quella che comunque passerà alla storia come la campagna elettorale più squallida della storia degli Stati Uniti. I due candidati finora hanno confermato il giudizio espresso dalla maggioranza degli elettori americani già ai tempi delle primarie, quando la maggioranza degli intervistati dai sondaggisti li aveva classificati come i “meno amati” pretendenti alla Casa Bianca degli ultimi cinquant’anni.

 

Invece che affrontarsi sui grandi temi di politica interna ed estera, finora i due contendenti hanno preferito lo scontro personale con insulti acrimoniosi reciproci stimolati da pettegolezzi e accuse di basso livello che, secondo tutti gli analisti, hanno avvelenato il clima della campagna senza peraltro far cambiare opinione ai sostenitori dichiarati dei due concorrenti e senza spostare in modo significativo il flusso dei consensi nell’ampia platea degli elettori indecisi.

 

Di cosa si discuterà all’ultimo dibattito in tv

Il dibattito di stasera sarà diretto dal giornalista della Fox News Chris Wallace, il quale ha già anticipato che i temi principali sui quali la Clinton e Trump saranno chiamati a confrontarsi saranno “il debito pubblico, i diritti dei cittadini, l’immigrazione, la composizione della Corte suprema, i punti caldi del mondo e l’idoneità a essere presidente”. Si può essere certi fin d’ora che sarà proprio quest’ultimo argomento a sovrastare tutti gli altri e che il dibattito sarà scandito dall’ennesimo scambio velenoso di accuse reciproche.

 

Nell’infuocata vigilia del duello televisivo, Donald Trump ha dichiarato che “la Clinton, i media e l’establishment politico americano hanno cospirato per manipolare la campagna elettorale usando false storie propalate da donne che lo hanno accusato di molestie sessuali, dando credito a bugie che non hanno fondamento ma che conquistano le prime pagine”.

 

La Clinton, dal canto suo, ha preferito ritirasi in casa per prepararsi con i suoi collaboratori al dibattito, ben sapendo che il suo avversario tenterà di rinfacciarle il contenuto delle migliaia di mail scambiate tra i manager della sua campagna, diffuso dal sito Wikileaks negli ultimi giorni.

 

Le mail hackerate da Wikileaks

Gli hacker di Wikileaks sono riusciti a penetrare nei server privati della Clinton, del manager della sua campagna, John Podestà, e di alcuni dei più stretti consiglieri della candidata e hanno reso pubblici oltre diecimila documenti sui quali la stampa si è gettata prontamente alla ricerca di affermazioni imbarazzanti.

 

La campagna di Wikileaks, l’organizzazione capeggiata da Julian Assange attualmente rifugiato nell’ambasciata londinese dell’Ecuador perché inseguito da un mandato di cattura della magistratura svedese, è stata denominata dai suoi promotori October Surprise, e secondo il sito americano Politico – molto vicino alla candidata democratica – è destinata ad “avvelenare le ultime tre settimane della campagna elettorale” che, a causa delle notizie imbarazzanti contenute nelle mail “rubate” da Wikileaks, sarà resa “tossica” dai tentativi di Trump di “rimestare nel fango”.

 

Di fango, in realtà, nelle mail diffuse ce n’è a sufficienza e questo porta i giornalisti che seguono la campagna dei democratici ad affermare che Hillary, nonostante sia ancora in testa nei sondaggi, sarebbe depressa e indignata. La frase più usata per descrivere il suo stato d’animo è “pissed”, che tradotto in italiano significa che ne ha “le scatole piene”. Anche perché in una mail viene tirata in ballo sua figlia Chelsea, definita da un collaboratore della Clinton “una ragazzina viziata che non ha ancora scoperto cosa deve fare nella vita”.

 

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Venerdì 14 ottobre, di fronte all’ennesima scarica di accuse al vetriolo lanciatale contro senza tanti complimenti da Trump, Hillary – sempre secondo le indiscrezioni raccolte da Politico – si sarebbe sfogata con i suoi collaboratori dicendo che “questa campagna elettorale si sta rivelando estremamente dolorosa. Non sono per niente soddisfatta di come vanno le cose col mio avversario. Penso che tutto questo faccia male al Paese”.

 

Indipendentemente dal valore reale del contenuto delle mail, nelle quali si parla anche dei rapporti molto ambigui con la banca d’affari Goldman Sachs, dei giudizi sui sauditi che pur essendo finanziatori della campagna della Clinton vengono da lei definiti sponsor del terrorismo jihadista e di altre vari amenità, resta il fatto che la candidata democratica paga il prezzo di una campagna nella quale lei stessa e i suoi sostenitori – a partire dal presidente Barack Obama e dai grandi giornali liberal della costa orientale – non hanno esitato a dipingere Trump come un semi deficiente, molestatore sessuale incallito e “mangiatore di bambini” messicani.

 

Toni aspri che hanno contribuito a inquinare il dibattito elettorale, portandolo ai livelli minimi della decenza politica e che potrebbe essere ulteriormente peggiorato dalle altre mail hackerate da Wikileaks, in procinto di essere diffuse a scadenze regolari fino alla vigilia del voto. Un voto che sarà comunque povero di contenuti e molto, troppo, influenzato dalle emozioni provocate da rivelazioni forse umanamente imbarazzanti, ma politicamente ininfluenti. Vedremo se l’ultimo dibattito televisivo riporterà il confronto sui binari della politica, anche se vista la statura dei candidati, difficilmente i due sapranno sottrarsi alle tentazioni della rissa verbale e del qualunquismo che finora hanno dominato la campagna elettorale per la presidenza del Paese più potente del mondo.

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Autore: Articolo3 | Categoria: Politica | Voti: 4 - Commenti: 0


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Yemen, il rischio di un allargamento del conflitto – Le mappe

di Rocco Bellantone

@RoccoBellantone

 

Settantadue ore di cessate il fuoco a partire dalla mezzanotte di mercoledì 19 ottobre. Con questo annuncio le Nazioni Unite provano a porre un freno all’ultima escalation di tensioni in Yemen. Che la richiesta di una nuova tregua sia stata sollecitata proprio dagli USA, pochi giorni dopo che le sue navi da guerra posizionate nello stretto di Bab el-Mandeb nel Mar Rosso hanno risposto con lanci di missili al fuoco dei ribelli sciiti Houthi, è solo uno degli aspetti surreali di questa guerra in cui tutti formalmente chiedono la fine delle ostilità e dei bombardamenti ma nessuno, di fatto, si azzarda a prendere una posizione decisa per fermare lo scontro per procura tra Arabia Saudita e Iran.

 

Yemen_Mappa

 

Il risultato del vertice tenutosi domenica 16 ottobre a Londra, convocato dal segretario di Stato americano John Kerry e a cui hanno preso parte i suoi omologhi di Regno Unito, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti e l’inviato delle Nazioni Unite in Yemen Ismail Ould Cheikh Ahmed, è un accordo per una tregua temporanea che però difficilmente si rivelerà più solido dell’ultimo naufragato in Kuwait all’inizio dello scorso agosto.

 

L’ONU ha garantito che le armi verranno deposte sia dall’esercito del presidente Abdrabbuh Mansour Hadi che dalle milizie degli Houthi. Ma i dubbi palesati al termine del summit londinese da Adel al-Jubeir, ministro degli Esteri saudita, lasciano intendere che Riad non si fida delle buone intenzioni dei ribelli sciiti e che, pertanto, presto assisteremo a nuovi bombardamenti.

 

Yemen_Al_Jazeera

 

Ciò che inizia a emergere ora dopo ora è semmai la vera ragione di questo sforzo diplomatico, voluto da Stati Uniti e Regno Unito per ammorbidire le posizioni di chi – Russia in primis – li accusa di utilizzare due metri di giudizio differenti nel reagire da una parte in modo sdegnato ai raid aerei russi e siriani su Aleppo e, dall’altra, chiudendo un occhio sulle stragi compiute dai caccia sauditi a Sanaa e nelle altre roccaforti dei ribelli sciiti in Yemen.

 

Non potendo bloccare le vendite di armi all’Arabia Saudita, né congelare realmente i rapporti diplomatici con Casa Saud, Washington e Londra hanno così ripiegato su un remake dei negoziati di pace che, però, difficilmente produrrà dei risultati.

 

Yemen_mappa

 

È invece più probabile aspettarsi qualcosa di più concreto dalle “vere” trattative sul futuro dello Yemen, vale a dire quelle che da mesi sono in corso tra i Paesi del Consiglio di Cooperazione del Golfo, organizzazione in cui l’Arabia Saudita può contare sull’appoggio di tutti gli Stati membri tranne che dell’Oman. Nell’ultimo vertice tenutosi lo scorso 3 ottobre a Sohar, le tensioni tra i due Paesi sono venute nuovamente a galla. Da mesi l’Arabia Saudita ritiene infatti che l’Oman non stia facendo abbastanza per proteggere i suoi confini con lo Yemen e impedire così che gli Houthi possano ricevere armi dall’Iran.

 

Yemen_mappa_3

 

Timori fondati, come dimostrano i sei camion fermati nella provincia di Salalah, nella regione del Dhofar, nel sud dell’Oman, con a bordo missili a medio-raggio di fabbricazione iraniana destinati ai ribelli sciiti. Secondo Riad i missili erano dello stesso tipo di quelli che più volte sono stati utilizzati dagli Houthi per attaccare il quartier generale militare della coalizione arabo-sunnita a Khamis Mishait, città situata nella provincia saudita di Ashir al confine con lo Yemen. I servizi segreti sauditi sono convinti che gli Houthi stiano utilizzando la regione omanita del Dhofar per ricevere armi dall’Iran con la complicità dell’intelligence, al cui interno sarebbe maggioritaria l’ala filo-iraniana. Il capo dei servizi segreti e della sicurezza nazionale dell’Oman, Mohammad al-Naamani, da tempo starebbe agendo in autonomia viste le precarie condizioni di salute del Sultano Qaboos Bin Said. Tuttavia si tratta di sospetti che potrebbero rivelarsi privi di fondamento, considerato che Al Naamani è considerato uno dei più stretti collaboratori del Sultano.

 

Lo scontro è comunque destinato a rimanere verbale, almeno fino a quando il Sultano omanita sarà in vita. Ma dopo le prime operazioni militari degli USA e gli spostamenti di navi da guerra iraniane nello stretto di Bab el-Mandeb, l’allargamento del conflitto yemenita ad altri Paesi del Medio Oriente rischia di diventare già nel breve periodo qualcosa di più di una semplice ipotesi.

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Come portare le proprie fantasie all’interno della coppia

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Autore: loveadvisoritalia | Categoria: Altro | Voti: 1 - Commenti: 0


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Le mail sulle firme false a 5 Stelle di Palermo

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Nel caso delle firme false a 5 Stelle a Palermo spuntano le email. Nel servizio andato in onda ieri a Le Iene l’attivista Giuseppe Marchese ha raccontato di una serie di comunicazioni via posta elettronica tra chi ha raccolto le firme, in cui prima si parlava della necessità di raccogliere di nuovo le firme e poi si diceva, dopo “13 ore in sede” che era di nuovo tutto a posto. La storia delle emai [...]

Autore: votAntonio | Categoria: Politica | Voti: 3 - Commenti: 0


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