di Rocco Bellantone
@RoccoBellantone
Il vertice di Londra sulla crisi libica del 31 ottobre ha aperto qualche spiraglio di speranza per il futuro del fragile Governo di Accordo Nazionale (GNA) del premier designato dalle Nazioni Unite Faiez Serraj. Al termine del summit, organizzato da Regno Unito e Stati Uniti e a cui hanno preso parte i ministri degli Esteri di Paesi europei e arabi – compreso il ministro italiano Paolo Gentiloni – la comunità internazionale ha ottenuto lo sblocco di circa 11 miliardi di dinari libici (pari a 7 miliardi di euro) dalla Banca Centrale Libica. Soldi che serviranno per rimettere in moto l’amministrazione del nuovo governo di Tripoli consentendo il pagamento degli stipendi arretrati dei funzionari che lavorano nel settore pubblico, la messa in sicurezza della capitale e delle altre aree controllate del Paese, l’erogazione di servizi sanitari di base e dell’energia elettrica in maniera continuativa. Se ne tornerà a discutere il 17 novembre, quando a Roma è in programma una riunione di verifica tecnica di quanto è stato accordato a Londra.
Per l’esecutivo del premier Serraj potrebbe essere una sorta di nuovo inizio, l’ennesimo a cui la Libia assiste da quando nel marzo scorso la sua squadra di governo è sbarcata a Tripoli scortata dai militari, senza però riuscire da allora a prendere realmente in mano il controllo del Paese. Serraj stesso sa di non potersi fidare degli annunci fatti a Londra, e al termine del vertice ha espresso tutte le sue preoccupazioni in un’intervista concessa al quotidiano libico Libya Herald.
I contrasti con la comunità internazionale
Tra i temi trattati, uno dei più interessanti ha riguardato proprio la differenza di vedute tra il suo esecutivo e quei partner esteri che nell’ultimo anno ne hanno sponsorizzato la nomina e l’insediamento a capo del GNA. “Ogni volta che ci sediamo al tavolo delle trattative – ha spiegato – i rappresentanti della comunità internazionale ci chiedono che risultati abbiamo prodotto solo su due argomenti”, vale a dire la lotta al terrorismo e il contrasto dell’immigrazione clandestina. “Io però continuo a dire loro che ci sono altri problemi più importanti che riguardano i cittadini libici”. Ad esempio, ha proseguito Serraj, che ci vogliono “attese di tre giorni per prelevare 100 dinari libici da una banca” oppure “che l’energia elettrica da mesi viene tagliata regolarmente per 14 ore al giorno”. Per non parlare delle scuole, dove sono costretti a vivere gli sfollati, e della mancanza dei vaccini negli ospedali. Il risultato è una crisi sociale dilagante da cui ad oggi non si vede una via d’uscita perché, sostiene Serraj, “il sostegno che la comunità internazionale sta dando alla Libia è nettamente sproporzionato rispetto alla fase di gravità eccezionale che la Libia sta attraversando”.
(Il summit sulla crisi libica del 31 ottobre a Londra)
Altro nodo cruciale è quello legato all’annosa richiesta del ritiro dell’embargo sulle armi. Serraj parla di lungaggini burocratiche e di interminabili passaggi decisionali che puntualmente finiscono per sbattere contro il veto posto al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. “D’altra parte però – ha dichiarato – ci sono altri soggetti (il riferimento è ai governi rivali, quello islamista di Khalifa Ghwell e quello di Tobruk guidato da Abdullah Al Thinni e sostenuto dal generale Khalifa Haftar, ndr) che alzano la cornetta del telefono e ordinano 200 veicoli militari e 300 RPG. Poi un terzo soggetto paga il conto (il riferimento è alla Banca Centrale Libica, ndr) e un quarto fa arrivare lungo le nostre coste le navi cariche con la merce richiesta”.
Le rivalità con Ghwell e Haftar
Il discorso scivola poi sui due grandi avversari di Serraj, ossia il capo del Governo di Salvezza Nazionale (l’esecutivo che governava a Tripoli prima dell’insediamento del GNA, ndr) Khalifa Ghwell e il generale Khalifa Haftar, comandante del Libyan National Army e sostenitore del governo di Tobruk.
Sul ruolo di Haftar, sostenuto all’estero da una cerchia sempre più ampia di Paesi oltre che da Egitto e Francia, il commento di Serraj per il momento sembrerebbe non lasciare spazio a compromessi. Insieme ad Haftar, dice Serraj, “avremmo potuto ottenere il sollevamento dell’embargo sulle armi e combattere insieme il terrorismo a Sirte”, dove dopo mesi di assedio continuano a resistere poco più di cento miliziani dello Stato Islamico. “Mi aspettavo una risposta positiva da lui, ma alla fine hanno prevalso le sue ambizioni personali e la sua mancanza di fiducia nei confronti di alcuni membri del GNA”.
(Il generale della Cirenaica Khalifa Haftar)
Dura anche la posizione nei confronti di Khalifa Ghwell. “Ghwell sta pagando per tenere Tripoli in una fase di instabilità”, ha dichiarato Serraj sostenendo che questi, dal suo ritorno nella capitale, avrebbe corrotto o provato a corrompere diversi ufficiali di vario grado della Guardia Presidenziale per convincerli a passare dalla sua parte. Secondo Serraj Ghwell avrebbe già speso a tale scopo cifre importanti (tra i 100 e i 150 milioni di dinari libici) ricevuti dalla Banca Centrale Libica, il cui governatore Saddik Elkaber avrebbe finora bloccato i finanziamenti destinati al GNA utilizzando la scusa della sicurezza per immobilizzare l’azione del governo designato dall’ONU.
(Il leader del Governo di Salvezza Nazionale di Tripoli Khalifa Ghwell)
Parole forti anche nei confronti del presidente della National Oil Company Mustafa Sanalla, il quale a detta di Serraj dopo aver fatto ostruzionismo per mesi di fronte alle richieste del GNA ha riaperto i rubinetti delle esportazioni petrolifere solo dopo l’arrivo delle truppe del generale Haftar nella Mezzaluna Petrolifera.
Quello che emerge da questa intervista assume pertanto le sembianze di un grande complotto, attraverso cui una parte ampia e trasversale dei poteri libici di Tripoli e Tobruk in questi nove mesi avrebbe agito per impedire a Serraj di governare il Paese. Missione riuscita alla luce di quanto visto finora. Resta da chiedersi per quale motivo si sia arrivati fino a questo punto e, soprattutto, come abbia fatto la comunità internazionale a puntare ancora una volta sul cavallo perdente.
L'articolo Crisi Libia, la versione di Serraj sembra essere il primo su .
Fonte:
http://www.lookoutnews.it/libia-faiez-serraj-intervista/