giovedì 27 ottobre 2016

L'endorsement di Vladimir Putin a Donald Trump: "Stravagante, ma parla alla gente semplice"

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"Donald Trump ha scelto il suo modo di bussare al cuore degli elettori. Certamente si sta comportando in maniera stravagante, lo vediamo tutti, ma non credo in maniera insensata: Trump rappresenta gli interessi delle persone semplici, che criticano coloro che da decenni sono al potere, gente a cui non piace il trasferimento del potere per eredità". Così il presidente russo Vladimir Putin al Forum [...]

Autore: Asia84 | Categoria: Esteri | Voti: 1 - Commenti: 0


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Mafie in Europa, ok del Parlamento Ue alla risoluzione. Ferrara (M5s): “Più vicino il reato comune di associazione mafiosa”

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“La criminalità organizzata è una piaga che riguarda tutta l’Europa, non solo l’Italia. Bisogna contrastarla con linee guida comuni. E con questo voto l’introduzione nella legislazione europea del reato di associazione mafiosa è più vicina”. Con 545 sì, 91 no e 61 astensioni, gli eurodeputati riuniti in plenaria a Strasburgo hanno dato il via libera alla risoluzione che chiede ai ventotto Paesi l’ [...]

Autore: Romolo | Categoria: Politica | Voti: 4 - Commenti: 0


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Come verificare se il caricabatterie funziona

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Il nostro caricabatterie funziona correttamente? Verifichiamo se il caricabatterie fornisce la giusta quantità di corrente al nostro smartphone Android. [...]

Autore: ubuntu | Categoria: Scienza e Tecnologia | Voti: 1 - Commenti: 0


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Deputata Pd aggredita dopo il no al taglia-stipendi: "Carabinieri mi hanno salvato da attivista M5S"

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La stessa Alessia Morani ha detto di stare bene, ma che è dovuto intervenire un carabiniere per salvaguardare la sua sicurezza. Tutto sarebbe successo in via della Missione, a pochi metri dal luogo dal presidio pentastellato a Montecitorio [...]

Autore: votAntonio | Categoria: Politica | Voti: 3 - Commenti: 0


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Siria: gli USA puntano a Raqqa, ma con quale strategia?

di Alfredo Mantici

 

Mentre in Siria le forze del governo di Damasco, appoggiate dalla Russia e dall’Iran, stringono da oltre un mese sotto assedio i quartieri di Aleppo ancora occupati dai ribelli del Free Syrian Army e dalle milizie jihadiste di Jabhat Fateh Al Sham (ex Jabhat Al Nusra), e a Mosul è in corso la campagna per riprendere il controllo della capitale irachena del Califfato, il 26 ottobre il segretario alla Difesa americano Ashton Carter ha dichiarato che gli USA sono pronti a togliere “nelle prossime settimane a ISIS il controllo della città di Raqqa, la loro capitale in Siria”.

 

Carter ha parlato dell’offensiva contro Raqqa durante una conferenza stampa a margine di un incontro avuto a Parigi con altri 12 ministri della Difesa di Paesi europei, convocato per predisporre misure congiunte in vista di possibili attacchi terroristici in Europa e in altri Stati occidentali che il Califfato potrebbe effettuare in risposta alle sconfitte subite nelle sue roccaforti in Siria e Iraq.

 

Quali alleati sceglieranno gli USA?

Nella campagna per la riconquista di Raqqa, oltre che i curdi siriani dell’YPG (Unità di Protezione del Popolo) gli americani vorrebbero coinvolgere anche la Turchia. Soluzione però a dir poco difficile da perseguire, poiché la presenza delle forze curde al fianco di quelle americane sul terreno renderebbe impraticabile un impegno militare diretto di Ankara, visto che a poche centinaia di chilometri di distanza, alle porte di Mosul, gli aerei e l’artiglieria turchi bombardano quotidianamente i peshmerga curdi mentre questi sostengono lo sforzo militare iracheno e statunitense contro ISIS.

 

Nel suo intervento Carter non ha fatto cenno né al possibile coinvolgimento nell’offensiva delle forze del governo di Damasco – considerato che è in un territorio di loro competenza (seppur ormai di fatto formale) che si trova Raqqa – né alle forze russe o iraniane impegnate con i siriani lealisti nella riconquista di Aleppo.

Siria_mappa

 

Il problema, infatti, è che per tentare di togliere al Califfato la sua capitale in Siria, le forze aeree americane non bastano e quelle curde sono insufficienti per assicurare un assedio completo della città. Non si vede, quindi, come Washington possa organizzare un’offensiva coordinata in territorio siriano, analoga a quella condotta a Mosul (dove però sul terreno operano i reparti militari del governo di Baghdad) senza coinvolgere i turchi – a rischio di suscitare l’opposizione dei curdi – o in alternativa senza accettare l’impegno e il supporto russo-siriano che, tuttavia, sancirebbe il riconoscimento da parte americana della legittimità dell’azione militare del governo di Bashar Al Assad nella guerra contro i ribelli che da sei anni tentano di rovesciarlo.

 

Il governo di Ankara, dal canto suo, è preoccupato per il ruolo delle milizie curde nella guerra al Califfato in Siria e in Iraq. Un ruolo che, grazie al supporto degli Stati Uniti, potrebbe in futuro favorire il riconoscimento delle istanze indipendentiste dei curdi siriani, iracheni e turchi, agevolando così la creazione di un’entità nazionale e statuale integrata con il Kurdistan iracheno, che dopo la caduta di Saddam Hussein è già riuscito a conquistare una sostanziale condizione di indipendenza.

 

Raqqa(Una foto scattata a Raqqa a pochi mesi dall’arrivo dello Stato Islamico, novembre 2014)

Missione a Raqqa, uno slogan da campagna elettorale

Ancora una volta, la situazione siriana dimostra di essere bloccata da un groviglio di aspirazioni nazionali e di inimicizie secolari, aggravate dagli interessi degli “Stati sponsor” che appoggiano le fazioni in campo e che difficilmente potrà essere sciolto da iniziative militari estemporanee che, se avranno successo, saranno comunque gravide di conseguenze politiche.

 

La fretta di Washington di aggiungere Raqqa alla lista degli obiettivi da centrare va dunque inquadrata diversamente per comprenderne le ragioni. L’amministrazione di Barack Obama ormai agli sgoccioli, dopo anni di interventi solo verbali nel conflitto siriano, forse preoccupata dalla prossima riconquista di Aleppo da parte dei lealisti e dei russi e dalle conseguenti, positive, ricadute sul piano politico e militare, sembra intenzionata a lanciare un’offensiva in terra siriana senza disporre sul terreno, almeno attualmente, delle forze sufficienti per portarla a termine con successo.

 

“Il piano (per la riconquista di Raqqa, ndr) è stato definito […] e sarà sviluppato nelle prossime settimane” ha dichiarato il segretario Carter “e nello stesso tempo organizzeremo e posizioneremo le truppe in modo da isolare la città”. Come detto, Carter non ha chiarito però quali truppe saranno coinvolte, né ha sciolto alcuno degli interrogativi politici che potrebbero sottendere un impegno diretto sul terreno di Washington in Siria. Per ora la “riconquista di Raqqa” altro non appare se non uno slogan, utile forse per essere usato nella campagna per le presidenziali americane e per mostrare i muscoli ai russi, ma difficilmente realizzabile su un terreno politicamente insidioso come quello siriano.

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Fonte: http://www.lookoutnews.it/siria-usa-attacco-raqqa-isis/

Meteo novembre: le ultimissime novità da Ognissanti in poi

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Appurata la fase anticiclonica che andrà a caratterizzare le ultime giornate di ottobre, cerchiamo di capire quale potrebbe essere l'evoluzione meteo della prima decade di novembre. [...]

Autore: Severn | Categoria: Altro | Voti: 1 - Commenti: 0


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Il Consiglio del Lazio e l’impossibile modifica della Bolkestein per aiutare gli ambulanti

La Direttiva Bolkestein non piace alla Lega Nord e non piace al MoVimento 5 Stelle, almeno stando a quanto ha detto Luigi Di Maio quando è sceso in piazza assieme agli ambulanti di Roma che protestavano appunto contro la direttiva europea che è destinata ad entrare in vigore a partire dal gennaio 2017. Ma non è che proprio tuto il MoVimento sia compatto nel seguire Di Maio, ad esempio il consiglie [...]

Autore: voxpopuli | Categoria: Politica | Voti: 4 - Commenti: 0


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Venezuela, il dissenso dei generali: cosa rischia Maduro

di Rocco Bellantone

@RoccoBellantone

L’invito al dialogo con le opposizioni che il 24 ottobre Papa Francesco aveva rivolto in Vaticano al presidente venezuelano Nicolas Maduro è rimasto inascoltato. Le proteste che da giorni si registrano nelle città occidentali di Merida, San Cristobal e Maracaibo e in vari punti nello stato di Miranda, in risposta alla decisione della Commissione elettorale nazionale di sospendere il referendum promosso dalle opposizioni per revocare il mandato del presidente, raccontano infatti di un Paese in cui la crisi politica, economica e sociale del dopo Chavez è stata risucchiata in una nuova spirale di violenza.

 

Nello stato di Miranda, il cui governatore è il leader dell’opposizione Henrique Capriles, negli scontri tra manifestanti e forze dell’ordine un poliziotto è stato ucciso da un colpo di arma da fuoco. Agitazioni e arresti si registreranno anche nei prossimi giorni considerato che domani, venerdì 28 ottobre, è previsto uno sciopero generale, mentre per il 3 novembre le opposizioni hanno organizzato una manifestazione a Caracas di fronte al palazzo presidenziale Miraflores.

 

I timori del fronte anti-Maduro si stanno però concretizzando. Se la consultazione popolare non si terrà entro il 10 gennaio del 2017, e i continui rinvii della Commissione elettorale nazionale lasciano credere che andrà a finire così, Maduro inizierà la seconda parte del suo mandato e, in caso di sconfitta al referendum, potrà consegnare la presidenza al suo vice fino a nuove elezioni in programma nel 2018.

 

 

maduro_papa_francesco(Papa Francesco e Nicolas Maduro in Vaticano, foto Telesur)

 

 

Il ruolo dell’esercito

Per ora, dunque, la coesione sociale invocata da Papa Francesco è stata soppiantata da rabbia e tensioni sociali, mentre all’ombra della coalizione delle opposizioni Mesa de Unidad Democratica (MUD) si allarga la cerchia delle figure di spicco del regime chavista contrarie a Maduro.

 

L’ultimo a esporsi in tal senso è stato il generale in pensione Miguel Rodríguez Torres, uomo che continua a godere di ampi consensi ai vertici delle forze armate venezuelane, la Fuerza Armada Nacional Bolivariana (FANB). Torres è stato uno degli ufficiali al fianco di Chavez quando questi nel 1992 tentò, senza però riuscirvi, di destituire con un colpo di stato l’ex presidente Carlos Andrés Pérez. Tra gli ispiratori della rivoluzione bolivariana, è stato anche a capo dei servizi di intelligence e nel 2013 è stato nominato da Maduro ministro dell’Interno e della Giustizia salvo poi essere licenziato un anno dopo.

 

Da allora non ha risparmiato critiche nei confronti del presidente, evidenziandone più volte la mancanza di leadership. “Chiedere la revoca del mandato di un presidente è un diritto dei venezuelani – ha affermato il generale Torres citato da El Mundo – permetterlo da parte del governo è una questione di maturità politica. Il Venezuela sta attraversando una situazione pericolosa, perché in qualsiasi momento può verificarsi una crisi istituzionale”. Maduro, ha proseguito Torres, “sta giocando con il fuoco”. “Chiudere le porte in faccia alla democrazia sta spalancando le porte alla violenza. Il referendum è un’alternativa” per evitare che ciò accada. Il generale ha ricordato in proposito il precedente dell’era Chavez, quando il referendum revocatorio del 2004 chiesto e ottenuto dalle opposizioni perse con un netto scarto di voti. All’epoca, però, i militari erano schierati con Chavez. Oggi, invece, secondo Torres non solo la base ma anche una fascia sempre più rilevante dei vertici dell’esercito “vive le stesse problematiche e gli stessi disagi del popolo venezuelano”.

 

Miguel Rodríguez Torres(L’ex generale venezuelano Miguel Rodríguez Torres)

 

La sua voce si aggiunge a quelle di altre influenti figure del chavismo che negli ultimi anni hanno lasciato il PSUV (Partido Socialista Unido de Venezuela), confluendo in parte in Marea Socialista, formazione che si richiama ai principi originari del rivoluzione. Tra questi c’è anche un altro ex generale, Cliver Alcalá Cordones, il quale recentemente si è scagliato contro l’attuale ministro della Difesa, Vladimir Padrino López, dopo che questi aveva minacciato gli esponenti dei partiti di opposizione dell’Assemblea Nazionale (il parlamento venezuelano) accusandoli di “promuovere l’interferenza e l’intervento straniero” negli affari interni del Venezuela.

 

Prese di posizione così nette da parte di due ex generali del calibro di Miguel Rodríguez Torres e Cliver Alcalá Cordones non possono non essere prese nella dovuta considerazione da Maduro. Nelle prossime settimane il presidente punterà a far slittare il più a lungo possibile il referendum. Ma la sua è una partita sempre più rischiosa. E all’orizzonte si prospettano due scenari per nulla rassicuranti. Maduro potrebbe essere tradito dal suo stesso partito. Un’implosione politica del PSUV non è infatti remota e potrebbe vedere favorita l’ala “moderata” che sfiduciandolo si guadagnerebbe quantomeno un futuro politico dopo le elezioni del 2018, anche se probabilmente all’opposizione. Oppure, in nome della sicurezza nazionale, parte dell’esercito potrebbe decidere di intervenire rivoltandosi contro il presidente. D’altronde, non sarebbe la prima volta nella storia del Venezuela.

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Trattatello antropobiochimico-sentimentale sull’ amore

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Scienza, vita, biochimica e antropologia non riescono a risolvere il grande dilemma dell' amore Forse meglio così e lasciare un po' di mistero [...]

Autore: ulysses72 | Categoria: Satira | Voti: 1 - Commenti: 0


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Dietro la guerra Asproni-Appendino c'è la turbo-cultura in salsa renziana

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La presidente di Confculture, organizzazione culturale della Confindustria, nonché presidente di Torino Musei, Patrizia Asproni, ha dunque dato con clamore di stampa le dimissioni da quest'ultima carica. Ella ha accusato la sindaca 5 stelle Chiara Appendino di non averla mai ascoltata e di averla in sostanza costretta al grave passo impedendole, di fatto, di organizzare la Mostra già programmata s [...]

Autore: journalist | Categoria: Politica | Voti: 6 - Commenti: 0


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Libri zen consigliati | Sette consigli di lettura per vivere meglio

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Vi proponiamo alcuni libri zen consigliati, pensati per chi cerca una via per poter cambiare vita e rendere ogni giornata soddisfacente. [...]

Autore: Robo71 | Categoria: Cultura e Spettacoli | Voti: 1 - Commenti: 0


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Miracoli renziani, la campagna referendaria rischia di riunire il centrodestra

Per ora si va avanti in ordine sparso, ma la lunga campagna potrebbe saldare la vecchia alleanza. Tra l’attivismo di Brunetta e la partita solitaria di Parisi, si attende l’ennesima discesa in campo del Cav. Prove d’intesa con la Lega e Fratelli d’Italia, e in fondo si rivede pure l’Udc [...]

Autore: votAntonio | Categoria: Politica | Voti: 5 - Commenti: 0


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Armi: Riad e Ankara i primi clienti della Germania

di Manuel Godano

 

Nei primi sei mesi del 2016 la Germania ha aumentato la vendita armi fatturando la cifra record di 4 miliardi di euro e stabilendo così un nuovo record rispetto ai 3,5 miliardi che erano stati incassati nei primi sei mesi dello scorso anno. Lo dice l’agenzia di stampa tedesca Deutsche Presse-Agentur citando un rapporto del governo di Berlino.

 

La Germania è tra i principali fornitori di armi al mondo. Secondo le ultime stime dello Stockholm International Peace Research Institute (SIPRI), riferite al 2014, è al sesto posto, dietro a Stati Uniti, Russia, Cina, Francia e Gran Bretagna. Produce componenti per la realizzazione di armi pesanti, fucili d’assalto, munizioni per carri armati e navi da guerra.

 

Arabia Saudita il principale acquirente

In generale, secondo il rapporto del governo più della metà delle forniture di tutti i tipi di armi (il 57,7%) è andata a Paesi che non fanno parte dell’UE e che, in alcuni casi, sono anche in rapporti altalenanti con la NATO. Emblematico è il caso dell’Arabia Saudita, che ha raddoppiato gli acquisti, portandoli da 179 milioni di euro a 484. Già dal 2015 la Germania ha ridotto la vendita fucili d’assalto Heckler & Koch G36 e carri armati Leopard 2 ai sauditi, puntando piuttosto su armi e mezzi di difesa: veicoli blindati, elicotteri, sistemi per il rifornimento di carburante per gli aerei in volo, componenti per i jet da combattimento, motovedette e droni.

 

Dietro l’Arabia Saudita, i principali acquirenti di armi tedesche sono Emirati Arabi Uniti, Corea del Sud e Algeria. Ben posizionata è anche la Turchia, che negli ultimi anni ha scalato la classifica dei compratori passando dal 25° all’8° posto. Nella prima metà del 2016 Ankara ha acquistato armi per un valore 76,4 milioni di euro, spendendone i 2/3 per componenti di aerei, droni e motori.

 

Leopard_Germania(Carri armati tedeschi Leopard 2 venduti dalla Germania all’esercito saudita)

Incremento delle armi di piccolo calibro

Nello specifico, il valore delle esportazioni di munizioni per armi di piccolo calibro è aumentato di oltre dieci volte, passando da 27 milioni di euro a 283,8. La maggior parte di questo genere di forniture è stato destinato a Paesi alleati della NATO come Australia, Nuova Zelanda, Giappone e Svizzera, che ne hanno fatto richiesta nell’ambito degli accordi di cooperazione militare nella cornice dell’Alleanza Atlantica. Per quanto riguarda invece le singole nazioni, i principali acquirenti sono stati Francia, Polonia e Iraq. L’Iraq, in particolare, dove la Germania sostiene con forniture di armi e supporto logistico i combattenti curdi peshmerga nella guerra contro ISIS, ha acquistato armi per un totale di 5,4 milioni di euro.

 

Le critiche al governo di Angela Merkel

Non mancano le critiche al governo della cancelliera tedesca Angela Merkel, accusata soprattutto dai Verdi e dal partito di sinistra Die Link di sostenere a parole i negoziati di pace in Africa e Medio Oriente, ma di badare nei fatti a far lievitare i fatturati delle potenti società tedesche che operano nel settore. In risposta a queste critiche, il governo si è limitato ad abbassare le esportazioni di armi leggere (da 12,4 a 11,6 milioni di euro) nelle aree di crisi. Ma la sostanza cambia di poco e nel 2017 le vendite sono destinate a continuare a salire.

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Hemingway, che marito!

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Che coraggio a voler sposare ogni donna con cui va a letto». Le quattro mogli del grande scrittore americano lo avranno pensato tutte. Perché tutte sono state tradite e «rimpiazzate». Un libro ricostruisce le loro vite [...]

Autore: Bem68 | Categoria: Cultura e Spettacoli | Voti: 1 - Commenti: 0


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È giusto tagliare gli stipendi dei parlamentari per combattere la casta?

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Con la proposta del Movimento 5 Stelle di dimezzare gli stipendi dei parlamentari tornano al centro del dibattito i costi della politica. Costi troppo elevati, in rapporto alla qualità dei risultati raggiunti e alla situazione economica italiana. La casta esiste e va ridimensionata: ma siamo sicuri che il vero problema siano gli stipendi alti e che basta dimezzarli per placare il generale sentimen [...]

Autore: voxpopuli | Categoria: Politica | Voti: 3 - Commenti: 0


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