venerdì 28 ottobre 2016

Lo scaletto sullo scooter è ingombrante: il guidatore prende le misure nel traffico


In pieno traffico cittadino, non sarà troppo ingombrante? Ecco come se la cava. [...]

Autore: WebTV | Categoria: Video | Voti: 1 - Commenti: 0


Fonte: http://www.blog-news.it/metapost/scaletto-sullo-scooter-ingombrante-guidatore-prende-misure-nel-traffico

Armi all’Arabia Saudita| Esportazioni italiane di sistemi militari all’attenzione della Procura di Brescia

“Le gravi affermazioni del Ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni al Question Time odierno confermano la necessità di un’indagine della magistratura sulle esportazioni di materiali d’armamento autorizzate dal Governo Renzi verso l’Arabia Saudita. [...]

Autore: votAntonio | Categoria: Politica | Voti: 5 - Commenti: 0


Fonte: http://www.blog-news.it/metapost/armi-all-rsquo-arabia-saudita-esportazioni-italiane-sistemi-militari-all-rsquo-attenzione-della-procura-brescia

La vendetta di José

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Mourinho a Conte: "Non si esulta così sul 4-0, è umiliante". Al fischio finale di Chelsea-Manchester Utd, lo Special One ha sussurrato qualcosa nell'orecchio del tecnico italiano: "Lo puoi fare sull'1-0, non sul 4-0". La replica: "Non ho sbeffeggiato nessuno, da ex calciatore so come comportarmi". [...]

Autore: Riverinflood | Categoria: Satira | Voti: 1 - Commenti: 0


Fonte: http://www.blog-news.it/metapost/vendetta-jos-1

La vendetta di José

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Mourinho a Conte: "Non si esulta così sul 4-0, è umiliante". Al fischio finale di Chelsea-Manchester Utd, lo Special One ha sussurrato qualcosa nell'orecchio del tecnico italiano: "Lo puoi fare sull'1-0, non sul 4-0". La replica: "Non ho sbeffeggiato nessuno, da ex calciatore so come comportarmi". [...]

Autore: Riverinflood | Categoria: Satira | Voti: 1 - Commenti: 0


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Piazzapulita in diretta: Gino Strada

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Piazzapulita: la puntata del 27 ottobre 2016. [...]

Autore: Articolo3 | Categoria: Politica | Voti: 6 - Commenti: 0


Fonte: http://www.blog-news.it/metapost/piazzapulita-diretta-gino-strada

Piazzapulita in diretta: Gino Strada

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Piazzapulita: la puntata del 27 ottobre 2016. [...]

Autore: Articolo3 | Categoria: Politica | Voti: 6 - Commenti: 0


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Filippine, i buoni motivi che spingono Duterte verso la Cina

di Priscilla Inzerilli

Il “divorzio” dagli USA annunciato dal presidente filippino Rodrigo Duterte durante la sua visita in Cina tra il 18 e il 21 ottobre, la prima dopo la sentenza della Corte Permanente dell’Aia dello scorso luglio che aveva dato ragione a Manila negando ogni “diritto storico” della Cina sulle acque del Mar Cinese Meridionale, è stata rettificata pochi giorni fa. In perfetto “stile Duterte”, ad affermazioni controverse il presidente ha fatto seguire puntali smentite, secondo un copione a cui l’audience internazionale sembra essersi ormai abituata.

 

Il 21 ottobre il leader delle Filippine ha chiarito, usando toni più concilianti, che annunciando la sua “separazione” dagli Stati Uniti non intendeva recidere i legami con lo storico alleato, ma solo perseguire una politica estera più indipendente, rafforzando le relazioni con il vicino cinese. Parlare di separazione equivarrebbe a tagliare le relazioni diplomatiche, ma “è nel migliore interesse dei miei connazionali mantenere questa relazione”, ha affermato Duterte durante una conferenza stampa.

 

Nessuna notifica ufficiale riguardante modifiche o interruzioni nei rapporti bilaterali tra i due Paesi è in ogni caso pervenuta a Washington, come ha avuto modo di confermare il portavoce della Casa Bianca Eric Schultz, il quale non ha mancato inoltre di ricordare come gli USA rappresentino uno tra i partner economici più importanti per le Filippine, con investimenti diretti esteri per un ammontare di 4,7 miliardi di dollari.

 

Il volume delle attività di import-export con Pechino è sinora risultato poco significativo, se paragonato a quello tra le Filippine e gli altri Paesi asiatici facenti parte del “blocco” filo-USA, tra cui il Giappone, primo partner commerciale di Manila, in testa alla Cina e agli stessi Stati Uniti.

 

Cina_Filippine

 

Eppure, considerando quanto accaduto in occasione del forum Cina-Filippine dedicato al business, nel corso del quale era stato annunciato il presunto “divorzio”, è possibile intravedere una “virata” da parte di Duterte – se non politica – sicuramente di natura economica. Devono essere stati i 24 miliardi di dollari di finanziamenti e investimenti cinesi e la possibilità di poter siglare con Pechino importanti accordi in settori come infrastrutture, commercio e turismo, ad aver fatto gola al presidente Duterte, e alle centinaia di imprenditori filippini presenti al forum, spingendolo a definire la Cina non un semplice Paese amico, ma “un fratello di sangue”.

 

L’eccessivo “calore” che Duterte ha manifestato nei confronti di Pechino preoccupa non poco Washington, soprattutto alla luce degli ultimi colloqui intercorsi tra il leader filippino e il presidente cinese Xi Jinping, con il quale è stata convenuta l’esigenza di focalizzarsi “sulla necessità di rafforzare la cooperazione”, lasciando da parte le reciproche differenze; ventilando inoltre la possibilità di arrivare a una risoluzione della controversia legata al diritto di sovranità sul cosiddetto Scarborough Shoal, un atollo di piccole dimensioni distante 250 km dalle coste filippine e 900 km da quelle cinesi, situato però in un’area del Mar Cinese Merdionale ricca di risorse naturali ed energetiche, attraverso la quale ogni anno transita un volume di merci del valore pari a circa 5mila miliardi di dollari.

 

Il repentino “invaghimento” del presidente Duterte nei confronti di Pechino può essere dunque verosimilmente considerato un elemento fondamentale nella ridefinizione dei futuri equilibri tra le potenze che si contendono il “pivot” della regione Asia-Pacifico. Almeno fino alla prossima smentita.

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Fonte: http://www.lookoutnews.it/filippine-cina-duterte/

Calcio, il report della Figc: “Settore in perdita per 525,8 milioni di euro”. In Italia stadi vecchi di oltre 60 anni

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525,8 milioni di euro. È la perdita che il calcio italiano ha fatto registrare nella stagione 2014-2015. È solo uno dei dati preoccupanti contenuto nel report “Il Conto Economico del Calcio Italiano” presentato stamattina dalla Figc alla Camera dei Deputati. Dal dossier emerge come nel nostro Paese gli stadi siano in media vecchi di oltre 60 anni. Una tendenza … [...]

Autore: zonacesarini | Categoria: Sport | Voti: 1 - Commenti: 0


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Dal Pci al Pds e la “chiesa” che è santa anche quando ha perso memoria

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Quando Occhetto annunciò, nella sorpresa generale, che aveva deciso di cambiar nome al partito, esternai le mie perplessità ad un amico che era militante più che ortodosso del Pci e che, con uguale ortodossia aderiva alla nuova linea. Lui fu sorpreso, ricordando le mie molte polemiche con il Pci (evidentemente poco capite, perché non era certo il nome comunista che mi dava fastidio) e proruppe in [...]

Autore: Dandyna | Categoria: Politica | Voti: 3 - Commenti: 0


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Somalia: ISIS torna a colpire nei giorni delle elezioni

di Alfredo Mantici

 

Mentre in Siria e in Iraq le truppe del Califfato di Abu Bakr Al Baghdadi sono sulla difensiva, il 26 ottobre lo Stato Islamico è tornato a colpire in Somalia nei giorni in cui sono in corso le elezioni legislative. Un gruppo di una cinquantina di uomini armati ha occupato per poche ore la città costiera di Qandala, nella regione autonoma del Puntland nella parte orientale del Corno d’Africa. In un video pubblicato su YouTube dall’agenzia di stampa e di propaganda dell’ISIS, Amaq Agency, si possono vedere i miliziani entrare nella città e occupare gli edifici governativi sui quali hanno issato le bandiere nere del Califfato. Mentre i pochi soldati della guarnigione governativa abbandonavano la cittadina, seguiti da centinaia di abitanti del posto, i guerriglieri hanno tagliato le linee telefoniche per poi ritirarsi poco prima dell’arrivo di un forte contingente di truppe inviate sul posto da Mogadiscio.

 

Chi è il leader di ISIS nel Puntland

La nuova formazione aderente a ISIS è stata fondata nel 2015 da Abdulqadr Mumin, un cittadino inglese ex comandante delle milizie islamiste di Al Shaabab. Il gruppo di Mumin è nato da una scissione all’interno di Al Shabaab tra l’ala nettamente maggioritaria affiliata ad Al Qaeda e quella minoritaria che invece ha abbracciato la causa del Califfo Al Baghdadi con l’obiettivo di unire le forze con quelle dei “fratelli” siriani e iracheni.

 

Nato in Somalia nella regione semi-autonoma nord-orientale del Puntland, Mumin ha vissuto in Svezia prima di trasferirsi nel Regno Unito dove nel 2000 ha ottenuto la cittadinanza britannica. Conosciuto anche come Ikrima al-Muhajir, noto per la sua barba color henné, ha predicato per quasi dieci anni nelle moschee di Londra prima di fuggire in Somalia, nel 2010, perché accusato dalle autorità inglesi di radicalizzare i giovani del posto. Al suo rientro in Somalia è stato una delle figure di spicco di Al Shabaab fino a quando, nell’ottobre del 2015, ha pubblicamente dichiarato la propria fedeltà allo Stato Islamico, rifugiandosi con un gruppo di seguaci nella zona montuosa di Galgala nel Puntland.

 

Abdulqadr Mumin(Abdulqadr Mumin, leader di ISIS in Somalia)

Tuttavia, secondo l’osservatorio SITE Intelligence Group, ad oggi Mumin riunisce sotto la sua autorità un numero irrisorio di combattenti, come confermato anche da Shahada News Agency, organo di informazione legato agli ambienti jihadisti con focus sulla Somalia. Contro di lui si sono mossi i suoi ex confratelli di Al Shabaab, la cui leadership rimane fedele ad Al Qaeda, schierando la temibile polizia segreta del gruppo nota come Amniyat. Nell’agosto del 2016 il Dipartimento di Stato americano lo ha inserito nella black list degli Specially Designated Global Terrorist.

 

Fin dove può spingersi il Califfato in Somalia

Secondo un abitante di Qandala, intervistato dall’agenzia Reuters, i miliziani dell’Isis al loro ingresso in città si sono rivolti agli abitanti dicendo loro di “non farsi prendere dal panico” e che erano venuti per “governare secondo i dettami della Sharia (la legge islamica, ndr)”. Finora gli islamisti del Califfato si erano limitati a operare nelle campagne del Puntland, regione nella quale non è presente alcun reparto del contingente di 22.000 uomini inviato con funzioni di peacekeeping e di sostegno al governo di Mogadiscio dalle Nazioni Unite.

 

L’ISIS ha tentato fin dal 2014 di convincere Al Shaabab a entrare nei suoi ranghi, ma i leader del gruppo somalo, all’inizio capeggiato da Ahmed Abdi Godane – un estremista musulmano che aveva combattuto come mujaheddin in Afghanistan negli anni Ottanta contro i sovietici dove aveva stretto amicizia con Osama Bin Laden – avevano preferito mantenere la propria indipendenza ideologica e operativa conservando tutte le caratteristiche di gruppo militante nazionale, evitando le contaminazioni “internazionaliste” derivanti da un’adesione al Califfato.

 

Da quel momento gli Al Saabab hanno contrastato gli uomini della milizia di Mumin impedendogli di prendere piede in Somalia. Quasi a voler dimostrare di essere sempre i leader dell’islamismo terrorista nel Paese, gli Al Shaabab hanno assassinato il 26 ottobre a Mogadiscio Siyad Mohammed, un colonnello dell’esercito somalo abbattuto da uomini incappucciati sulla soglia della sua abitazione.

 

Somaliland-Puntland_Disputed

 

Dopo l’occupazione di Qandala i guerriglieri dell’Isis si sono ritirati nelle campagne dell’entroterra. Ma il Califfato in Somalia rappresenta una minaccia reale. Il primo ministro somalo, Omar Abdirashid Ali Sharmarke, ha infatti dichiarato in un’intervista al settimanale americano Newsweek che “l’ISIS potrebbe essere la realtà di domani in Somalia”.

 

Forse si tratta di un’affermazione esagerata ma non si può non ricordare che anche il gruppo islamista nigeriano Boko Haram nel 2015 ha aderito al Califfato di Al Baghdadi e da allora ha esteso la sua attività con attacchi e attentati anche contro i Paesi confinanti con la Nigeria. Un potenziale asse con i somali dell’ISIS potrebbe creare condizioni di destabilizzazione in tutta l’Africa centrale consentendo al Califfato, attualmente in ritirata dalla Siria e dall’Iraq, di spostare pericolosamente il suo centro di gravità e di riprendersi dalle sconfitte subite negli ultimi mesi in Medio Oriente e in Nord Africa.

 

Le elezioni

In Somalia il 23 ottobre sono iniziate le elezioni legislative per rinnovare la composizione del parlamento, mentre il 30 novembre sarà la volta del voto per le presidenziali. Una volta eletto, il nuovo capo di Stato procederà a nominare il nuovo governo.

 

In questi mesi i jihadisti – spiega l’agenzia Dire – hanno minacciato più volte di condurre attacchi diretti ai seggi elettorali per destabilizzare le procedure di voto. Il primo effetto di queste ‘promesse’ è stato che la data di inizio delle elezioni (il 24 settembre) è slittata di vari giorni. Ma secondo l’addetto alla Difesa dell’Ambasciata somala in Italia, Scech Aues Maò Mahad, il gruppo è ormai impotente: “Al-Shabaab ha perso la sua battaglia ideologica. Le sue minacce sono pura propaganda”.

 

Un altro punto critico di queste elezioni – sollevato da alcuni osservatori internazionali – è il fatto che l’attuale legge elettorale accorda il diritto di voto solo ai 14mila grandi elettori, meno dell’1% della popolazione. Si tratta di un metodo elaborato sulla scia della stabilizzazione politica del Paese nel post guerra civile. In questo modo si è voluto infatti coinvolgere gli esponenti più anziani o influenti all’interno dei vari gruppi etnici in cui si articola la popolazione somala. Tale sistema però “sarà cambiato presto – garantisce Mao’ Mahad – ed è già in programma in vista delle prossime elezioni del 2020, data entro cui in Somalia sicuramente avremo il suffragio universale. Perciò tutti i cittadini potranno dire la loro sulla democrazia”.

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Fonte: http://www.lookoutnews.it/somalia-isis-puntland/

Libri, la progettazione e la gestione dell'irrigazione

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Uscito il vademecum per un'irrigazione davvero efficace [...]

Autore: bossanova | Categoria: Scienza e Tecnologia | Voti: 1 - Commenti: 0


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Alessia Morani e il PD che vuole regalare le case degli anziani alle banche (BOOM)

A Quinta Colonna, il programma NazionalPopulista condotto da Paolo Del Debbio la deputata PD Alessia Morani ha scatenato la furia di Giorgia Meloni e di Fiorella Mannoia per aver menzionato il prestito vitalizio ipotecario come possibile forma d’aiuto a quelle persone di età superiore ai 60 anni (precedentemente il limite minimo era di 65 anni), proprietarie di una casa di ipotecarla presso una ba [...]

Autore: voxpopuli | Categoria: Politica | Voti: 5 - Commenti: 0


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Crisi Libia, Arabia Saudita e Russia al centro delle nuove trattative

di Manuel Godano

Dopo il sostanziale fallimento della conferenza internazionale di Parigi sulla Libia e il ritorno a Tripoli dell’ex premier Khalifa Ghwell, la comunità internazionale prova a cambiare strategia coinvolgendo l’unico attore internazionale che potrebbe risolvere questa crisi: l’Arabia Saudita.

 

Il regno di Casa Saud è stato interpellato dagli Stati Uniti con la richiesta di intervenire in Libia e di negoziare un accordo tra tutte le parti politiche coinvolte nell’impasse del Paese che si protrae ormai da mesi. I sauditi, d’altronde, sono gli unici ad avere canali diretti aperti con le parti in conflitto e il loro coinvolgimento potrebbe bloccare le interferenze degli altri due grandi attori del Golfo coinvolti nella questione libica: da un lato il Qatar, che insieme alla Turchia sostiene gli islamisti di Ghwell; dall’altro gli Emirati Arabi Uniti, che insieme all’Egitto e alla Francia appoggiano il generale Khalifa Haftar e il governo di Tobruk guidato dal premier Abdullah al-Thinni.

 

Un eventuale passo indietro da parte di Qatar ed Emirati potrebbe favorire la distensione. Riad starebbe già pensando a un luogo in cui indire una conferenza di solidarietà nazionale, che dovrebbe riunire tutti i principali interlocutori coinvolti a vario titolo nel labirinto libico. Il dubbio è se tenere il summit in Libia o in Arabia Saudita.

 

La memoria, in questo caso, non può non andare allo storico accordo negoziato a Ta’if, in Arabia Saudita, nel 1989, che pose fine ai quindici anni di guerra civile libanese. Anche se, al netto del peso politico che Riad può avere sulle trattative, le speranza di ottenere un risultato simile in tempi relativamente brevi al momento sono davvero poche.

 

Serraj chiede aiuto a Mosca

In parallelo, negli ultimi giorni si sono registrate anche manovre di avvicinamento tra la Russia e il Governo di Accordo Nazionale del premier designato dalle Nazioni Unite Faiez Serraj dopo i colloqui intercorsi tra questi e l’ambasciatore russo in Libia Ivan Molotkov. Nell’incontro Serraj ha dato il benvenuto all’avvio di una rafforzata cooperazione militare e sul piano della sicurezza tra i due Paesi. Il premier ha anche espresso il proprio nulla osta al ritorno delle aziende russe, esortando però a Mosca affinché usi tutte le leve in suo possesso per sospendere l’embargo sulle armi imposto alla Libia e rilasciare i fondi sovrani libici.

 

Vladimir-Putin-con-lambasciatore-russo-in-Libia-Ivan-Molotkov(Putin insieme all’ambasciatore russo in Libia  Ivan Molotkov, foto Russia News)

 

Molotkov, da parte sua, ha manifestato il suo supporto al governo di Serraj e all’accordo di unità nazionale firmato nel dicembre del 2015, esprimendo la volontà del Cremlino di riaprire l’ambasciata a Tripoli non appena la situazione in città e nel Paese si sarà normalizzata. A seguito del faccia a faccia, un primo risultato Mosca lo ha già ottenuto. Poco tempo dopo i colloqui, i media libici hanno reso noto che quattro marinai russi accusati di traffico illegale di petrolio in acque libiche, e arrestati nel settembre dello scorso anno, sono stati liberati e hanno potuto fare ritorno alle loro famiglie a Grozny, in Cecenia. Altri tre russi, due militari e un ingegnere, rimangono invece ancora nelle mani delle forze di sicurezza libiche. Erano stati arrestati nel giugno di quest’anno sempre con l’accusa di traffico di petrolio. Ma è probabile che questa prima intesa raggiunta tra Serraj e la Russia sarà sufficiente per far rientrare presto in patria anche loro.

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Pilota perde il controllo dell’auto da rally dopo un traverso [Video]

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Le gare automobilistiche, specie i rally, portano in dote un certo livello di imprevedibilità, con cui bisogna fare i conti quando si affronta un sentiero [...]

Autore: Gatchaman | Categoria: Sport | Voti: 1 - Commenti: 0


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Milano, Sala spende più di Pisapia per lo staff: 55 assunzioni al costo di 2,8 milioni

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Che siano un milione di euro, come accusano le opposizioni, o 600mila euro, come replicano dal comune, il dato rimane. Con i suoi 2,8 milioni all’anno, Giuseppe Sala supera Giuliano Pisapia in fatto di costi per lo staff. In tutto sono 55 le nuove assunzioni già effettuate da sindaco e assessori attraverso gli articoli 90 … [...]

Autore: ilFattoQuotidiano | Categoria: Politica | Voti: 8 - Commenti: 0


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