sabato 5 novembre 2016

Libia: liberati i due ostaggi italiani Danilo Calonego e Bruno Cacace

di Rocco Bellantone

@RoccoBellantone

 

La Farnesina ha confermato oggi, sabato 5 novembre, che i due tecnici italiani della società Conicos, Danilo Calonego e Bruno Cacace, e il cittadino canadese Frank Poccia, sono stati liberati questa notte nel sud della Libia e hanno fatto rientro in Italia nelle prime ore di questa mattina con un volo dedicato. I tre uomini erano stati sequestrati a Ghat, nel sud-ovest della Libia al confine con l’Algeria, il 19 settembre scorso nei pressi del cantiere dove lavoravano da un gruppo armato che aveva bloccato la vettura sulla quale viaggiavano.

 

Dal giorno del sequestro dei due italiani e del collega canadese si sono rincorse voci e ipotesi sull’identità dei rapitori. Le autorità locali libiche avevano immediatamente puntato il dito contro predoni appartenenti alle bande armate che vivono di contrabbando di armi e di esseri umani a cavallo dei confini tra Libia e Algeria. Nella zona operano anche formazioni legate ad Al Qaeda e affiliate ad AQIM (Al Qaeda nel Maghreb Islamico). La più pericolosa di queste si chiama Al-Murabitun, comandata da Mokhtar Belmokhtar, un bandito da anni impegnato in traffici transfrontalieri (compreso il contrabbando di sigarette che gli ha fruttato il soprannome di “Mr. Marlboro”) che dal 2015 si è autonominato capo di Al Qaeda nell’Africa Occidentale.

 

Cacace_Calonego(Da sinistra Bruno Cacace e Danilo Calonego, foto Repubblica)

 

La banda di Belmokthar in passato è stata responsabile dell’assalto all’installazione petrolifera algerina di In Amenas compiuto nel gennaio del 2013 e conclusosi, dopo l’intervento delle forze armate algerine, con l’uccisione di 39 ostaggi e di 29 guerriglieri. Dopo questo episodio, apparentemente, Belmokhtar sarebbe tornato a dedicarsi ai suoi traffici tradizionali, senza prendere parte alla lotta che, nel resto della Libia, contrappone le milizie jihadiste alle forze schierate con il governo di Tripoli o con il generale Khalifa Haftar, il quale sostiene il parlamento di Tobruk.

 

A metà ottobre, una fonte delle forze di sicurezza algerine citata dal sito mediorientale Middle East Eyes, aveva dichiarato che il rapimento di Calonego, Cacace e Poccia era stato effettuato da una banda mista di delinquenti comuni libici e algerini che opera alla frontiera sotto il comando di un altro criminale algerino, Abdellah Belakahal. La stessa fonte dei servizi algerini aveva affermato che, in quei giorni, i rapitori avevano fatto giungere agli uomini dei servizi segreti italiani impegnati nella ricerca dei tecnici sequestrati la richiesta di un riscatto di quattro milioni di euro in cambio della liberazione dei tre ostaggi, minacciando, in caso di rifiuto, di “vendere gli ostaggi ad AQIM o a una cellula dello Stato Islamico”. I rapitori avevano chiesto anche la liberazione di due membri del loro gruppo armato, tra cui il fratello di Belakahal, da tempo in prigione per traffico di armi.

 

mappa_ghat

 

Sullo sfondo in queste settimane di prigionia dei nostri connazionali ha pesato inoltre la minaccia della loro “vendita” ad AQIM, a Bemokthar o all’ISIS, i cui miliziani negli ultimi mesi a seguito delle offensive contro Sirte e le altre roccaforti jihadiste nel nord della Libia, hanno riparato a sud cercando rifugio proprio nei deserti del Fezzan dove puntano a ricompattarsi con l’obiettivo di tornare a riconquistare porzioni di territorio libico e, possibilmente, nuovi pozzi di petrolio.

 

Fortunatamente il passaggio a gruppi jihadisti è stato impedito. Sempre a metà ottobre, un membro della municipalità di Ghat aveva detto che nei negoziati per la liberazione dei tre tecnici erano attivamente impegnati come intermediari membri delle più potenti tribù locali e che i negoziati erano a buon punto e avrebbero portato alla liberazione dei rapiti nei “prossimi giorni”. Alla luce della liberazione di Calonego e Cacace, quelle previsioni si sono rivelate credibili. Le autorità italiane sono d’altronde note in tutto il Medio Oriente e in Africa per l’atteggiamento di “disponibilità al dialogo” (vale a dire ad accettare di pagare un riscatto in cambio della liberazione di nostri connazionali) mostrato negli ultimi anni in analoghe vicende di rapimenti di nostri connazionali. Ed è dunque assai probabile, se non del tutto certo, che anche in questo caso il nostro governo abbia optato per il pagamento di un riscatto.

 

L’epilogo del caso era stato anticipato con largo anticipo dal Generale Mario Mori a Lookout News. “La zona di Ghat – spiegava a due giorni dal sequestro - è occupata politicamente da elementi che fanno riferimento al Governo di Accordo Nazionale del premier designato dalle Nazioni Unite Faiez Al Serraj. Questo esecutivo è sostenuto dall’Italia, motivo per cui esistono possibilità di dialogo sfruttando la collaborazione di elementi dell’intelligence che in questo momento opera al servizio del nuovo governo libico. È sempre meglio in questi casi fare operare chi conosce il terreno e le realtà locali. Agendo in maniera immediata con questi interlocutori possiamo sperare di ottenere qualcosa. Questa è l’unica via percorribile. Ma dobbiamo farlo rapidamente. È inutile girarci intorno. L’Italia è nota perché paga per ottenere il riscatto dei suoi connazionali sequestrati. Quindi, se decidiamo di mantenere questo tipo di impostazione, è meglio offrire subito qualcosa piuttosto che aspettare. Perché trattare con dei predoni terroristi è molto più difficile che trattare con dei semplici predoni”.

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Fonte: http://www.lookoutnews.it/libia-liberati-ostaggi-italiani-danilo-calonego-bruno-cacace/

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