mercoledì 12 ottobre 2016

Libia, italiani rapiti a Ghat: il nostro governo pagherà un riscatto?

di Alfredo Mantici

 

Sono trascorsi 43 giorni da quando, il 19 settembre scorso, due tecnici italiani e un loro collega canadese sono stati rapiti da un gruppo di uomini armati a Ghat, nella parte sud-occidentale della Libia, ai confini con l’Algeria. I due nostri connazionali, Danilo Calonego e Bruno Cacace, lavoravano da molti anni in Libia ed erano impegnati per conto della Conicos di Mondovì (provincia di Cuneo) nei lavori di ammodernamento dell’aeroporto di Ghat. Del tecnico canadese sequestrato insieme a loro si conosce solo il nome di battesimo, Frank.

 

Secondo le autorità locali, responsabili del rapimento sarebbero stati dei predoni appartenenti alle bande armate che vivono di contrabbando di armi e di esseri umani a cavallo dei confini tra Libia e Algeria. Nella zona operano anche formazioni legate ad Al Qaeda e affiliate ad AQIM (Al Qaeda nel Maghreb Islamico). La più pericolosa di queste formazioni è quella comandata da Mokhtar Belmokhtar, un bandito da anni impegnato in traffici transfrontalieri (compreso il contrabbando di sigarette che gli ha fruttato il soprannome di “Mr. Marlboro”) che dal 2015 si è autonominato capo di Al Qaeda nell’Africa Occidentale.

 

La banda di Belmokthar è responsabile dell’assalto all’installazione petrolifera algerina di In Amenas compiuto nel gennaio del 2013 e conclusosi, dopo l’intervento delle forze armate algerine, con l’uccisione di 39 ostaggi e di 29 guerriglieri. Dopo questo episodio, apparentemente, Belmokhtar sarebbe tornato a dedicarsi ai suoi traffici tradizionali, senza prendere parte alla lotta che, nel resto della Libia, contrappone le milizie jihadiste alle forze schierate con il governo di Tripoli o con il generale Khalifa Haftar, il quale sostiene il parlamento di Tobruk.

 

Mokhtar Belmokhtar(Mokhtar Belmokhtar)

La richiesta di riscatto

Secondo una fonte delle forze di sicurezza algerine citata dal sito mediorientale Middle East Eyes, il rapimento dei due tecnici italiani e del loro collega canadese sarebbe opera di una banda mista di delinquenti comuni libici e algerini che opera alla frontiera sotto il comando di un algerino, Abdellah Belakahal. La stessa fonte dei servizi algerini ha dichiarato che, negli ultimi giorni, i rapitori avrebbero fatto giungere agli uomini dei servizi segreti italiani impegnati nella ricerca dei tecnici sequestrati la richiesta di un riscatto di quattro milioni di euro in cambio della liberazione dei tre ostaggi, minacciando, in caso di rifiuto, di “vendere gli ostaggi ad AQIM o a una cellula dello Stato Islamico”. I rapitori avrebbero chiesto anche la liberazione di due membri del loro gruppo armato, tra cui il fratello di Belakahal, da tempo in prigione per traffico di armi.

 Ghat_Libia(La città vecchia di Ghat, in Libia)

 

Un membro della municipalità di Ghat ha detto, come riportato sempre da Middle East Eyes, che nei negoziati per la liberazione dei tre tecnici sono attivamente impegnati come intermediari membri delle più potenti tribù locali e che i “negoziati sarebbero a buon punto e dovrebbero portare alla liberazione dei rapiti nei prossimi giorni”. Sia le autorità italiane che quelle canadesi hanno rifiutato di commentare la notizia della richiesta del riscatto, sottolineando “la delicatezza del momento”.

 

Il rischio di un passaggio ai terroristi

Le autorità canadesi, comunque, in tutte le dichiarazioni ufficiali rilasciate all’indomani del sequestro di Ghat, si sono ben guardate dall’affermare un rifiuto di principio netto ed esplicito riguardo a possibili trattative con i sequestratori. Mentre, d’altro canto, le autorità italiane sono note in tutto il Medio Oriente per l’atteggiamento di “disponibilità al dialogo” (vale a dire ad accettare di pagare un riscatto in cambio della liberazione di nostri connazionali) mostrato negli ultimi anni in analoghe vicende.

 

L’andamento apparentemente favorevole delle trattative per il rilascio dei due italiani e del loro collega canadese lascia immaginare che un accordo potrebbe essere raggiunto nei prossimi giorni. Sullo sfondo pesa però la minaccia della “vendita” dei tre stranieri ad AQIM, a Bemokthar o all’ISIS. Una minaccia che, se si realizzasse, porterebbe tutta la vicenda in alto mare.

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Fonte: http://www.lookoutnews.it/libia-italiani-rapiti-ghat-riscatto/

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