domenica 9 ottobre 2016

Marocco, elezioni legislative: un voto importante per l’area del Mediterraneo

di Rocco Bellantone

@RoccoBellantone

 

In Marocco oggi, venerdì 7 ottobre, 15,7 milioni di cittadini sono chiamati alle urne per eleggere i 395 deputati della Camera bassa dell’Assemblea legislativa (il parlamento nazionale). Il 55% dei votanti è formato da uomini, mentre il 45% da donne. Si vota con un sistema rappresentativo proporzionale, mentre la soglia di sbarramento è stata fissata al 3%. È una scelta, quest’ultima, fatta per permettere a un ampio numero di partiti politici di essere rappresentati alla Camera, cosa che però potrebbe comportare delle difficoltà nel momento in cui dovrà essere composta la nuova maggioranza in parlamento. Secondo i dati forniti dal ministero dell’Interno marocchino, sono 1.410 le liste che si presentano a questa tornata elettorale per un totale di 6.992 candidati.

 

Dei 395 seggi in palio 305 saranno distribuiti tra le 92 circoscrizioni locali. I restanti 90 saranno riservati alle donne (60 seggi) e ai giovani sotto i 40 anni (30 seggi). Per lo svolgimento della campagna elettorale, il governo ha fornito un contributo di 250 milioni di dirham (22,9 milioni di euro) ai trenta partiti politici in competizione. Lo Stato ha inoltre fissato a 500.000 dirham (45,827 euro) il tetto massimo delle spese che potevano essere effettuate da ciascun candidato per la promozione della propria candidatura.

 

Favoriti sono il PJD (Partito di Giustizia e Sviluppo), al governo dal 2011, conservatore e di ispirazione islamista, guidato dal premier uscente Abdelilah Benkirane; il PAM (Partito dell’Autenticità e della Modernità) di Iliyas El Omari, formazione social-liberale e di centro sinistra, molto vicina al re Mohammed VI.

 

Re Marocco Mohammed VI(Il Re del Marocco Mohammed VI)

 

Le elezioni legislative marocchine rappresentano un appuntamento elettorale da monitorare con molta attenzione. Il Marocco è infatti l’unico Stato del Medio Oriente e del Nord Africa che non solo ha retto l’urto delle primavere arabe, ma anche saputo rispondere in parte alle richieste del popolo con un esteso piano di riforme sociali ed economiche con cui ha proposto un nuovo equilibro in chiave moderna tra lo spirito islamista e laico del Paese. È per questo motivo che in un momento di massima vulnerabilità dell’Europa di fronte alle crisi che imperversano in Iraq, Siria e Libia, il Marocco può e deve porsi come un ponte lungo il Mediterraneo in grado di unire e far comunicare il mondo islamico e l’Occidente.

 

Ecco l’intervista all’ambasciatore del Regno del Marocco in Italia Hassan Abouyoub, pubblicata all’interno del saggio Medio Oriente. Dove andiamo edito da G-Risk in collaborazione con Lookout News.

 

Tratta dei migranti, traffici illegali, minaccia del terrorismo. come si riavvicinano le due sponde del mediterraneo?

Nell’analisi delle crisi attuali che interessano l’area del Mediterraneo oc- corre tenere conto anzitutto dell’influenza dell’Impero ottomano e del lascito della gestione coloniale europea. Nel 1957, con la firma dei Trattati di Roma e la nascita del mercato europeo comune, l’Europa decise di mante- nere dei legami forti con l’Africa in un’ottica neocolonialista. L’obiettivo era ricostruire il Continente dopo la Seconda Guerra Mondiale, ma per farlo ser- viva il contributo del capitale umano africano. Superata questa fase l’Euro- pa non ha più avuto una strategia precisa. Prima è stata presa dall’ossessione energetica, innescata dalla crisi del petrolio degli anni Set- tanta. Poi, con gli attacchi terroristici degli anni Novanta, ha lasciato pre- valere la dialettica della paura. Adesso la minaccia del terrorismo, sommata alla crisi economica e alla nuova flessione del petrolio, mette sullo stesso piano le due sponde del Mediterraneo. Oggi Europa e Africa sono chiamate ad affrontare sfide globali comuni: dalla sicurezza alla lotta al terrorismo, dal contrasto ai traffici di esseri umani e droga ai cambiamenti climatici. Per risolvere queste problematiche serve però un’assunzione di responsabilità comune, forte spirito di solidarietà e una visione che permetta di ricostruire le governance dei paesi più instabili.

 

Dunque è una strada praticabile quella di esportare i modelli di democrazia occidentale?

Non è possibile esportare un modello di democrazia pronto all’uso. Finora l’Europa ha fallito nell’accompagnare gli Stati dell’Africa e del Medio Oriente verso una gestione virtuosa delle loro immense risorse naturali. In generale è mancato un fronte comune di dialogo finalizzato allo sviluppo del progetto Euro-Mediterraneo, fondato sulla corresponsabilità tra le due sponde.

 

Quanto peso ha l’aspetto religioso nella guerra tra sunniti e sciiti in Siria e Iraq?

Questa guerra rappresenta solo un piccolo frangente nella storia del- l’Islam, in cui sunniti e sciiti hanno quasi sempre convissuto in equilibrio. Ciò che sta accadendo va oltre l’aspetto religioso. Quello in corso è un gran- de gioco geostrategico che sta avendo un impatto mondiale.

 

Hassan Abouyoub(Hassan Abouyoub)

 

Dunque i fattori politici ed economici travalicano quello religioso?

Occorre inquadrare con chiarezza la questione del Kurdistan. Da questa questione dipendono il ruolo della Turchia da una parte e quello dell’Iran dall’altra. L’obiettivo strategico di Teheran è sempre stato quello di ricavarsi un corridoio verso il Mediterraneo. La campagna avviata dall’Iran è motivata da interessi energetici e da esigenze logistiche che rimandano principalmente al controllo di determinate aree come ad esempio lo Stretto di Hormuz (lo Stretto che divide la Penisola arabica dalle coste dell’Iran, ndr). In questa mappa geopolitica la Russia sta avendo un ruolo sempre più determinante mentre gli Stati Uniti non hanno più il monopolio dei tempi della Guerra Fredda.

 

Fin dove potrà spingersi lo stato islamico in questa guerra?

ISIS nasce con i sunniti iracheni che hanno reagito alle ingiustizie perpetrate per decenni dal governo sciita di Baghdad voluto dagli americani che in Iraq hanno commesso errori sia nell’analisi del fenomeno che nella terapia scelta con l’intervento militare del 2003. La propaganda di ISIS non ha uno spessore ideologico, ma l’impatto che sta avendo se non verrà contrastato potrà creare fonti di instabilità permanenti. Non faccio parte del campo dei pessimisti. Ho fiducia nell’umanità e nella sua capacità di superare situazioni critiche come questa. Nella sua storia l’Europa ha conosciuto guerre molto più dure, come quelle di religione.

 

La conseguenza naturale del conflitto in corso sarà una revisione degli accordi di Sykes-Picot?

Probabilmente sì. Storicamente i confini e le sovranità nazionali sono sempre stati contraddistinti da una mobilità geografica oltre che politica. La risposta giusta che si può dare al rischio di secessionismi in Medio Oriente e in Africa è pensare nuovi modelli istituzionali basati sul riconoscimento delle autonomie. L’Italia lo ha già fatto con l’Alto Adige ed è un modello che ha funzionato bene. Sarebbe la più grande ricchezza della grande area dell’Euro-Mediterraneo allargata all’Africa.

 

Il percorso diplomatico avviato in Siria va in questa direzione?

C’è una parte del Medio Oriente e del Nord Africa convinta del fatto che l’Occidente e l’ONU non debbano interferire negli affari interni della Siria, principalmente perché lo dice la Carta delle Nazioni Unite. Il nodo è trovare un equilibrio tra la legittimità della sovranità nazionale e il grado di inter- vento che può essere esercitato dall’estero per difendere l’incolumità di popolazioni a rischio.

 

Cosa prevede, invece, nel destino della Libia?

In Libia il Marocco sta facendo valere tutto il suo peso politico per fare emergere un’alternativa politica solida dopo la caduta del regime di Gheddafi. Dobbiamo fare in modo che in questo processo non ci siano nuovi interventi dall’esterno come accaduto in passato. La sfida adesso è rafforzare la legittimità del governo del primo ministro Faiez Serraj, poi potrà ripartire la macchina dello Stato. Questo esecutivo non è la risposta finale ai problemi della Libia ma un mezzo che permetterà di iniziare a ricostruire il Paese, dargli una nuova Costituzione, organizzare nuove elezioni, fermare il traffico di armi. Dobbiamo dare fiducia ai libici.

 

Il Marocco può essere da faro per lo sviluppo di tutta l’Africa?

Per capire l’Africa bisogna partire dalla sua demografia. Nel 1950 la sua popolazione era di 220 milioni di persone, oggi supera il miliardo e duecento milioni. È un capitale umano al centro di un cambiamento geostrategico storico. Ma gli africani hanno bisogno di aiuto e questo aiuto può arrivare oltre che dall’Europa anche dal Nord Africa. Da quindici anni Sua Maestà il Re del Marocco Mohammed VI ha aperto le porte del nostro Paese per assorbire e valorizzare questa grande risorsa. È una scelta mirata non solo a salvare l’Africa ma anche a salvare l’Europa, che non è più in grado di sostenere i modelli di benessere del secondo dopoguerra. Marocco e Italia devono essere i mediatori di una politica di partenariato capace di unire il vostro continente al nostro.

 

L’Europa riuscirà a reagire alle criticità che ne stanno minando dall’interno le fondamenta, dalla crisi economica alla minaccia del terrorismo?

L’Europa ha scelto una strada giusta puntando sull’integrazione. Ma l’integra- zione è una responsabilità da condividere. Ancora oggi in alcuni Stati europei c’è molta ipocrisia tra i proclami che vengono fatti e i programmi attuati per l’integrazione della cultura islamica. Dialogare con l’Islam significa dialogare non solo con la sua religione ma anche con la sua cultura. Re Mohammed VI è il principe dei credenti, garantisce il rispetto della libertà religiosa, offre protezione ai cristiani e a ogni altra forma di confessione. Il Marocco è un melting pot di culture e religioni. Dietro questo progetto di società, che può essere lo stesso che può portare all’integrazione tra Europa e Islam, c’è un processo che parte da molto lontano e una consapevolezza millenaria del desiderio e del bisogno di convivere.

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Fonte: http://www.lookoutnews.it/marocco-elezioni-2016-intervista-ambasciatore-hassan-abouyoub/

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