di Priscilla Inzerilli
Il re della Thailandia Bhumibol Adulyadej, nono sovrano della dinastia Chakri, è deceduto il 13 ottobre all’eta di 88 anni, in seguito a una lunga malattia. A dare l’annuncio ufficiale è stato il generale Prayut Chan-ocha, attuale primo ministro, in un messaggio a reti unificate. Con il suo annuncio il premier ha rotto una tradizione che durava da anni secondo la quale parlare esplicitamente delle condizioni di salute del sovrano era considerato un reato di lesa maestà.
Tocca ora al principe Maha Vajiralongkorn, unico figlio maschio di re Bhumibol, il compito di raccogliere la difficile eredità del padre. Il sovrano più longevo e amato della storia della Thailandia, che per settant’anni ha rappresentato il simbolo dell’unità e della legittimità nazionale, lascia infatti un Paese estremamente diviso e attraversato da crescenti tensioni politiche, etniche e sociali.
(Bangkok, 13 ottobre 2016: il premier Prayut Chan-ocha annuncia la morte del re)
Un dato che emerge con evidenza analizzando i risultati del refendum popolare, indetto lo scorso 7 agosto, per decidere in merito all’approvazione della bozza della nuova Costituzione thailandese (la ventesima dal 1932), redatta dalla giunta militare salita al potere nel 2014 attraverso un colpo di stato. Il referendum, pur avendo sancito la vittoria del “sì” con oltre il 60% dei voti favorevoli all’approvazione della bozza, si è tuttavia svolto in un clima di censura pre-elettorale e di forte astensionismo. Il picco dei voti sfavorevoli si è avuto proprio nelle regioni del nord e nord-est del Paese, nelle aree rurali, dove il sentimento anti-monarchico e anti-militare è più forte.
Da una parte, dunque, l’élite militare decisa a restare al potere e le varie personalità legate alla Corte Reale intenzionate a conservare i propri privilegi, supportate dalla classe media. Dall’altra, la popolazione rurale e le cosiddette “camice rosse”, dissidenti politici che sostengono l’ex primo ministro in esilio Thaksin Shinawatra e la sua famiglia, che militari e monarchici hanno da sempre cercato di estromettere dalla vita politica del Paese. Ad aggravare ulteriormente l’instabilità politica si aggiungono poi i gruppi islamici separatisti attivi nelle province meridionali, artefici, secondo le indagini, della serie di attacchi bomba avvenuti nella notte tra l’11 e il 12 agosto.
(Il principe Maha Vajiralongkorn)
In mezzo a tutto ciò il re Bhumibol, seppur costretto da anni a causa di gravi problemi di salute a vivere da ricoverato al Siriraj hospital di Bangkok, si è posto come ago della bilancia, elemento – quasi super-partes – di riferimento morale, considerato al di sopra degli affari della politica thailandese e garanzia, seppur fragile, di una certa stabilità interna.
Ora, mentre il Paese si prepara a celebrare un intero anno di lutto, il governo thailandese deve affrontare la questione della ratifica della nuova Costituzione, prevista per il prossimo novembre, che per risultare valida dovrebbe però essere sottoscritta dal re in persona. A tal proposito, il generale Prayuth ha dichiarato che tutto procederà come previsto nonostante la morte del sovrano.
(La principessa Maha Chakri Sirindhorn)
Il sessantaquattrenne Vajiralongkorn sembra non godere della stessa popolarità del padre, sia a causa dei suoi passati legami con Thaksin, che per alcuni aspetti controversi della sua vita privata. L’erede al trono sembrerebbe tuttavia essere riuscito, nell’ultimo periodo, a guadagnare nuovamente la fiducia dei monarchici e dei militari. Anche se c’è chi vocifera sulla possibilità che possa essere la secondogenita di re Bhumibol, la principessa Maha Chakri Sirindhorn, a salire al trono, come d’altronde è previsto da un emendamento della costituzione thailandese risalente al 1997 e concepito dal “Privy Council”, il cerchio magico dei consiglieri del re.
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