martedì 24 gennaio 2017

Trump: la protesta delle donne (quali?)

di  Marcello De Angelis Alla fine, il nuovo presidente eletto degli Usa Donald Trump, ha preso posto. Fino all’ultimo minuto sembrava che forze potenti volessero tentare di impedire, con qualunque mezzo, che questo evento si realizzasse. Trump – e tutti gli americani che lo hanno votato – comunque non avranno vita facile, perché i nemici del suo “tipo di persona”, non molleranno. Lo hanno annunciato da Washington i portavoce di una imponente manifestazione che si è voluta sovrapporre mediaticamente al suo stesso insediamento. Chi di mestiere si occupa di comunicazione sa che queste cose si fanno. Vale lo stesso discorso per tutte le contestazioni durante gli eventi di rilevanza mondiale. I giornalisti saranno comunque tutti lì: se fai il dovuto clamore e qualcosa di sensazionale, i tg e i giornali metteranno in evidenza quello che hai detto e fatto tu e in secondo piano quello che hanno detto o fatto quelli che stai avversando. Sposti l’occhio della telecamera, per così dire. E infatti i titoli dei giornali erano tutti per “la protesta delle donne” contro Trump. I lettori consapevoli noteranno una certa forzatura nel titolo, per altro comune a tutte le testate del mondo occidentale. “Le donne” veicola l’idea che “tutte le donne americane” o chi legittimamente le rappresenta (ad esempio tutte le donne elette al Parlamento Usa) abbiano manifestato il loro odio per il neo-presidente. Si è parlato, ovunque, di una imponente manifestazione. Pare che i partecipanti fossero mezzo milione. La popolazione degli Usa, vale la pena di ricordarlo, è di 325 milioni. Quando con una “spallata di piazza” simile i sindacati della sinistra italiana cercarono, con relativo successo, di compromettere sul nascere il primo governo Berlusconi, nel 1994, portarono tre milioni di persone in piazza. I numeri sono numeri e aiutano a contestualizzare. Nel corso della cronaca della manifestazione i giornalisti e commentatori hanno aggiustato il tiro, parlando di due milioni e mezzo di manifestanti anti-Trump “nel mondo”, senza specificare in quali altre parti del mondo e perché si fossero tenute le proteste. E hanno anche spiegato che alla manifestazione, non c’erano “solo donne”. Perché le donne dovrebbero protestare contro Trump, visto che ancora non ha fatto nulla di concreto? Protestano, pare, contro la sua visione delle donne, plasticamente rappresentata dall’estetica prorompente della sua signora, già bersaglio di ingiurie e turpiloquio a livello planetario.Trump, spiegano i suoi critici, è sessista, perché considera le donne come oggetti sessuali e le giudica in base al loro aspetto fisico. Forse, a questo punto, sarebbe stato più corretto giornalisticamente parlare di “protesta delle femministe” anziché protesta delle donne, perché almeno dai risultati elettorali, parrebbe che non tutte le donne americane – e nemmeno la maggioranza – abbia sposato la guerra contro Trump. Ma gli speaker della manifestazione hanno spiegato che non erano lì solo a tutela delle donne, ma di tutti quelli che “vivono ai margini della società”. Lo ha gridato tra gli applausi Veronica Ciccone, in arte “Madonna”, tra i promotori e sponsor – assieme a moltissime altre mega-star del cinema della musica e della moda - del movimento anti-Trump. Qualcuno potrebbe obiettare che Madonna non sia proprio una profonda conoscitrice di come si viva “ai margini della società”, che il suo patrimonio forse è superiore a quello dello stesso Trump, che è difficile prenderla in considerazione come rappresentante della “donna media” americana e che, parlando di “sessismo”, la sua promessa elettorale di concedere un rapporto orale a tutti coloro che avessero votato “contro” Trump non sia il miglior messaggio contro la mercificazione del corpo femminile. Ma il problema è sicuramente un altro e cioè come, perché e a che titolo, i media occidentali e i vip di vario genere e tipo di cui sono gli amplificatori possano concentrare così tanta potenza di fuoco contro un presidente legittimamente eletto. Si tratta di “libertà di opinione e di espressione”, è la risposta usuale. Ma allora la domanda inevitabilmente si sposta sulla libertà di chi, pur maggioranza, non ha alcuna voce per far sentire o per veder rappresentata la propria opinione. Appare a molti che, in questo stato di cose, i proprietari dei media non percepiscano la profonda differenza informazione e condizionamento. Il predecessore di Trump – Barack Obama – tra gli applausi dei “migliori” della terra, venne insignito del premio Nobel per la pace, ancor prima di essersi messo al lavoro. E poi, come quasi tutti gli ex-inquilini della Casa Bianca, ha condotto o gestito guerre in tutto il pianeta. Difficile credere che il premio lo abbia meritato “a prescindere” perché “primo presidente nero degli Usa”. D’altronde, il fatto di dare per scontato il fatto che ad una determinata gradazione cromatica della pelle debbano equivalere determinati valori o visione politiche può apparire fuorviante oltre che un po’ razzista. Il grande errore dei responsabili della campagna elettorale di Hillary Clinton, secondo tutti gli analisti, è stato proprio questa sorta di “determinismo” di razza, genere e orientamento sessuale. In buona sostanza gli strateghi della Clinton, convinti che la loro candidata fosse riconosciuta come rappresentante di tutte le minoranze contro il candidato anti-minoranze Trump, avevano fatto una semplice addizione di donne, afroamericani, gay, trans e lesbiche e più o meno tutti quelli che non erano maschi bianchi eterosessuali di religione cristiana ed erano giunti alla conclusione che la somma delle minoranze avrebbe sconfitto la maggioranza. E dai servizi giornalistici del giorno dopo si evinceva lo sconcerto nell’aver scoperto che anche omosessuali, donne – bianche o afroamericane - messicani, coreani e così via dicendo, avessero votato invece per Trump. Il paradosso della trumpofobia è giunto fino al lancio di una campagna veramente poco sostenibile di critiche nei confronti del neo-presidente per le aperture di dialogo nei confronti della Russia. Anche Beppe Grillo, che sicuramente è solito dire cose più discutibili, è stato duramente attaccato per aver sostenuto di vedere con favore i contatti tra Trump e Putin. E SkyTg ha dedicato a questa affermazione uno dei suoi sondaggi quotidiani, chiedendo ai telespettatori se fossero d’accordo o meno. E in fin dei conti la domanda si riassume in un “siete favorevoli al fatto che i due uomini più potenti della terra cerchino di costruire le condizioni per una pace globale o preferite che preparino una terza guerra mondiale?”. E con grande stupore dei giornalisti che contano, la maggior parte delle persone “comuni” dice che preferisce che i due facciano la pace. Fonte: Katehon


Fonte: http://www.controinformazione.info/trump-la-protesta-delle-donne-quali/

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