di Manuel Godano
Dopo dieci mesi di stallo politico, la Spagna si appresta a eleggere un nuovo esecutivo. Con una decisione che non ha precedenti nella storia democratica del Paese, domenica 23 ottobre il Comitato federale del Partito Socialista spagnolo (PSOE) con 139 voti a favore e 96 contrari ha votato a favore dell’astensione nel momento in cui i parlamentari si riuniranno per il secondo turno di consultazioni che sarà decisivo per consentire al leader del Partito Popolare (PP), il premier Mariano Rajoy, di formare un governo.
La decisione emersa dal Comitato federale del PSOE è stata comunicata ufficialmente dal presidente della direzione del partito Javier Fernandez. Oggi, lunedì 24 ottobre, il re Felipe VI ha iniziato le prime consultazioni con i leader dei partiti politici che siedono al Congresso di Madrid (il parlamento spagnolo). Con l’astensione dei socialisti al secondo turno del voto – che si terrà sabato 29 o domenica 30 ottobre – Rajoy non avrà difficoltà a ottenere la fiducia di 170 parlamentari su 350. Pur non avendo una maggioranza assoluta ma semplice, potrà formare un nuovo esecutivo.
Le fratture nel PSOE
Quello che in Spagna è stato definito un giro histórico ( “svolta storica”) del PSOE, si è concluso lasciando non poche tensioni all’interno del Partito Socialista spagnolo. Dall’indicazione di voto emersa al termine del Comitato federale – il massimo organo decisionale a cui devono attenersi i parlamentari socialisti – non si può più tornare indietro. Il prossimo appuntamento utile per sanare le fratture sarà un Congresso straordinario che verrà convocato nei prossimi mesi. Compito complicato alla luce delle distanze sempre più marcate tra il leader uscente Pedro Sanchez, dimessosi al termine della riunione del Comitato federale del primo ottobre perché accusato di essere il principale responsabile delle ultime cocenti sconfitte elettorali del partito, e la governatrice dell’Andalusia Susana Diaz, artefice della vittoria del fronte dell’astensione.
(Susana Diaz)
Il PSOE è un partito tradizionalmente diviso tra un’anima socialdemocratica e riformista e una di sinistra di orientamento radicale. Con l’affermazione dell’ala socialdemocratica – rappresentata in questo fondamentale confronto interno da Susana Diaz – viene di fatto sconfessata la linea politica che il PSOE ha seguito in questi dieci mesi di transizione, vale a dire guardare il più possibile alla sinistra del proprio elettorato per contrastare l’avanzata di Podemos, il partito guidato da Pablo Iglesias Turrión.
Il pragmatismo della Diaz alla fine ha prevalso e la “benedizione” concessa al nuovo governo che si appresta a guidare Rajoy permetterà adesso ai socialisti di programmare in modo più strutturato un necessario processo di rinnovamento della propria leadership e una ancor più complessa ricucitura dei rapporti con la propria base elettorale. Anche se, secondo gli ultimi sondaggi, questa mossa in prospettiva dovrebbe premiarli rispetto alla scelta di un’opposizione a oltranza, permettendogli di evitare quantomeno il sorpasso di Podemos e di mantenere così il secondo posto alle spalle del PP in attesa di tempi migliori.
Incassata la sconfitta, nelle ultime ore Sanchez non ha risparmiato critiche alla sua avversaria twittando parole al veleno: “Presto arriverà il momento in cui la militanza ricostruirà il PSOE”. Ma ormai il processo di ristrutturazione è avviato e il primo obiettivo dei socialisti sarà al momento dell’astensione non perdere pezzi in parlamento, dove è a rischio l’unità con il blocco dei parlamentari catalani.
(I risultati dell’ultimo voto legislativo del giugno 2016)
Le prossime tappe
Dopo la decisione del PSOE, entra dunque nel vivo quella che potrebbe essere la settimana decisiva per le sorti politiche della Spagna. Rajoy ha governato il Paese ad interim negli ultimi dieci mesi poiché né le elezioni del dicembre 2015 né quelle del giugno 2016 hanno assegnato al suo partito una maggioranza solida, amplificando piuttosto la frammentarietà del panorama politico nazionale con la buona performance oltre che di Podemos anche del partito di centro Ciudadanos. Una volta rieletto premier, Rajoy dovrà guidare un governo fragile sul piano dei numeri e cercare ogni volta di raggiungere accordi non semplici da costruire con le altre forze del parlamento. Un percorso obbligato, su cui hanno puntato negli ultimi anni – seppur con le dovute differenze – altri Paesi europei come Italia, Germania, Belgio e Grecia, dove la soluzione del governo di larghe intese è stata l’unica attuabile per tamponare l’urto dei movimenti populisti.
Il Paese che riprende in mano paradossalmente appare però più in forma di come lo aveva lasciato. Nonostante lo stallo politico, l’economia spagnola ha infatti superato bene questa fase di profonda incertezza mantenendo un ritmo costante di crescita superiore al 3% dall’inizio del 2015, registrando un incremento da record del turismo e un progressivo calo della disoccupazione. Tuttavia, il deficit di bilancio resta ancora ben al di sopra dei limiti posti dall’UE. E l’approvazione della nuova legge finanziaria sarà il primo banco di prova per il nuovo governo.
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Fonte: http://www.lookoutnews.it/spagna-mariano-rajoy-nuovo-governo/
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