giovedì 13 ottobre 2016

Yemen: gli USA “entrano in guerra”

di Rocco Bellantone

@RoccoBellantone

 

Dopo aver subito due attacchi missilistici nello stretto yemenita di Bab el-Mandeb nei giorni scorsi, giovedì 13 ottobre le navi da guerra americane dispiegate nel Mar Rosso hanno risposto al fuoco degli Houthi colpendo tre postazioni radar controllate dai ribelli sciiti.

 

Missili da crociera Tomahawk sono stati lanciati dal cacciatorpediniere USS Nitze in tre zone lungo la costa in mano ai ribelli: nei pressi di Ras Isa, a nord di Mukha e nei pressi di Khoka. Nel fornire i dettagli dell’operazione, il portavoce del Pentagono Peter Cook ha dichiarato che le postazioni radar centrate sono quelle utilizzate dagli Houthi per tentare di colpire, senza però riuscirvi, domenica 9 ottobre il cacciatorpediniere USS Mason e, successivamente, mercoledì 12 ottobre ancora una volta il Mason e la nave da trasporto anfibia USS Ponce. Le stesse postazioni radar erano state usate dai ribelli per colpire lo scorso primo ottobre una nave militare degli Emirati Arabi Uniti (la Swift), stanziata sempre nello stretto di Bab el-Mandeb e con cui Abu Dhabi fornisce supporto logistico alle truppe della coalizione arabo-sunnita a guida saudita che in Yemen combatte contro gli Houthi per ristabilire al potere il presidente deposto Abdrabbuh Mansour Hadi.

 

Yemen_missili_USA(Un’immagine dell’attacco missilistico degli USA contro le postazioni degli Houthi)

 

Quella che il Pentagono ha definito come un’azione di “autodifesa” rappresenta di fatto il primo intervento militare diretto che gli USA effettuano in questo conflitto a sostegno della coalizione saudita. Ed è un intervento che, in prospettiva, potrebbe proiettare questa guerra in una nuova e ancor più cruenta fase a cui però gli Stati Uniti allo stato attuale non sembrano essere preparati.

 

L’intervento ha già agitato le acque del Golfo di Aden, dove l’Iran subito dopo l’operazione degli USA ha inviato due navi da guerra. Secondo l’agenzia iraniana Tasnim si tratta delle navi Alvand e Bushehr. La notizia è stata confermata dal contrammiraglio della Marina di Teheran Habibollah Sayyari, il quale ha specificato che la flotta è partita dalla città portuale meridionale iraniana di Bandar Abbas e stanzierà nel Golfo di Aden per i prossimi tre mesi per “proteggere le proprie imbarcazioni commerciali da attacchi di pirateria”, negando che vi siano collegamenti tra questo ordine e l’attacco americano nei confronti degli Houthi.

 

Prima dell’escalation degli ultimi giorni, l’Amministrazione Obama aveva provato a mantenersi a “distanza di sicurezza” dal vivo del conflitto, da un lato favorendo da un lato la ripresa dei negoziati e dall’altro continuando a inviare armi all’alleato saudita, di cui gli USA sono il principale fornitore al mondo. Una posizione a dir poco discutibile, più volte criticata dalla comunità internazionale ma che finora aveva permesso agli Stati Uniti di far stanziare le proprie navi da guerra di fronte alle coste yemenite. Si tratta di un posizionamento strategico in quanto ha consentito a Washington di presidiare lo stretto di Bab el-Mandeb, da dove transitano ingenti traffici commerciali e petrolieri che dall’Oceano Indiano raggiungono il Mediterraneo passando attraverso il Canale di Suez, e al contempo di coordinare da vicino droni e blitz di forze speciali per uccidere jihadisti affiliati ad AQAP (Al Qaeda nella Penisola Araba) o allo Stato Islamico che operano in Yemen.

 

Yemen

 

Sfuggendo alle accuse di essere complice dei massacri compiuti dai caccia sauditi ai danni di migliaia di innocenti (più di 6.700 i morti nel conflitto yemenita, circa 4mila dei quali civili), gli USA in questi mesi hanno continuato ad agire in modo disinvolto. Nel corso della campagna militare della coalizione arabo-sunnita, hanno garantito all’esercito di Riad supporto di intelligence e rifornimento di carburante per i loro caccia (5.700 i raid effettuati), inviando personale militare nelle basi militari saudite per coordinare gli attacchi sul terreno e chiudendo nel 2016 affari del valore di 1,15 miliardi di dollari che hanno incluso la vendita di carri armati e di altre armi pesanti. A settembre il Senato al Congresso aveva provato a bloccare la vendita senza però riuscirvi. In quell’occasione, il senatore repubblicano del Kentucky, Rand Paul, rilasciò un commento che a meno di un mese di distanza dalle elezioni presidenziali dell’8 novembre sta riemergendo con forza nel mainstream mediatico americano: “Siamo complici e coinvolti attivamente nella guerra in Yemen”.

 

È un’affermazione con cui dovrà necessariamente fare i conti non solo Obama ma soprattutto il futuro inquilino della Casa Bianca. Dopo il lancio della prima operazione militare in Yemen, per gli USA parlare di soluzione diplomatica a questa crisi sarà molto più complicato.

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Fonte: http://www.lookoutnews.it/yemen-usa-bombardano-ribelli-houthi/

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