giovedì 19 gennaio 2017

Le orche svelano il mistero della menopausa

L’uomo ha in comune con l’orca (Orcinus orca) molto più di quanto possa credere. La nostra specie, infatti, condivide con questo mammifero marino – e con il globicefalo di Gray (Globicephala macrorhynchus) – un evento fisiologico unico: la menopausa.
Questa caratteristica, infatti, è sconosciuta negli altri mammiferi, che possono continuare a riprodursi senza alcun limite di età.
Normalmente, le orche iniziano il proprio ciclo riproduttivo all’età di 15 anni e possono rimanere fertili fino ai 30-40 anni. Un aspetto significativo, dal momento che non è raro che individui femmina di questa specie vivono anche fino a 90 anni.
Ma perché, dunque, le orche passano una fase della loro vita così lunga senza poter riprodursi?
A spiegare la funzione della menopausa in questa specie è uno studio durato 40 anni e condotto dai ricercatori della University of Exeter che ha preso in analisi alcuni pod – ovvero le unità familiari composte in media da 25 individui – in cui si organizzano le orche.
Durante i quattro decenni di ricerche sono state calcolate 525 nascite, con tassi di mortalità tra i cuccioli relativamente bassi. Secondo lo studio, sarebbe proprio la menopausa ad offrire ai nuovi nati del pod maggiori possibilità di sopravvivenza grazie al fatto di annullare i conflitti riproduttivi tra madri e figlie dello stesso gruppo. «Le orche gravide hanno un fabbisogno di cibo del 42% più elevato rispetto al normale – ha spiegato il professor Darren Croft, del team della University of Exeter. Crediamo che questo evento fisiologico possa essere determinante nell’annullare i conflitti tra le femmine di generazioni diverse che, appunto, non possono più avere cuccioli e per questo motivo necessitano di meno risorse».
Ma c’è dell’altro. I pod sono unità fortemente matrilineari: all’interno di ciascun gruppo, infatti, si trovano un maschio, una femmina con i relativi cuccioli e alcuni individui di sesso femminile in menopausa.
Secondo l’antropologa Kristen Hawkes, dell’Università dello Utah, le orche “nonne” aiuterebbero nell’importante scopo di allevare i piccoli, trasmettendo le conoscenze alle nuove generazioni e guidando la comunità, garantendo così una maggiore coesione all’interno del pod.

 

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