martedì 7 febbraio 2017

Boschi di pianura: la foresta in città

I residui boschi planiziali presenti nella pianura padano-veneta, testimoni dell’antica foresta di querce che ricopriva dopo l’ultima glaciazione il grande bacino planiziale padano-veneto e friulano, rappresentano nell’attuale realtà ambientale della Pianura Veneta un elemento trascurabile in termini di superficie relativa, ma rivestono un notevolissimo valore scientifico, garantendo la sopravvivenza di rare specie floro-faunistiche che rappresentano degli autentici endemismi planiziari.
In tal senso, l’importante presenza di flora alpina e soprattutto di quella orientale-balcanica, li rende differenti dai querceti-carpineti della Pianura Padana occidentale, ma molto più simili ad analoghe formazioni slovene. Si è visto infatti che le foreste che si estendono sulle bassure della Sava, in Slavonia, dimostrano un’alta affinità con i querceti-carpineti della pianura veneto-friulana. In particolare, per i boschi del settore orientale della Pianura Padana sono state riconosciute affinità vegetazionali con i querceti del bassopiano pannonico, per quelli del settore occidentale con i querceti centro-europei.
In base a queste considerazioni, è stata proposta la definizione di un’associazione vegetale di gravitazione sud-est-europea, sicuramente valida per la pianura veneta e friulana, ossia il Querceto ad Asparago selvatico (Asparago tenuifolii-Quercetum roboris).
Tra gli alberi la specie dominante è la Farnia (Quercus robur), accompagnata dal Carpino bianco (Carpinus betulus) e da altre specie che hanno analoghe esigenze ecologiche, come l’Olmo campestre (Ulmus minor), il Frassino ossifillo (Fraxinus oxycarpa), l’Acero campestre (Acer campestre) e numerose specie arbustive ed erbacee. Il Querceto-Carpineto rappresenta dunque l’associazione forestale climax potenziale della pianura veneta, ovvero la vegetazione in equilibrio con i fattori ambientali attuali, climatici, edafici e geografici.
La storia dei boschi è nota almeno a partire dai primi anni del 1300. Ad esempio per il Bosco di Carpenedo a Mestre, si sa che fin dal 1337 la Repubblica di Venezia aveva imposto alla comunità locale di curare il bosco per poi utilizzare gli alberi per gli usi navali. L’area fu dichiarata riserva dalla Serenissima, probabilmente già nella seconda metà del 1400. Nel 1747 dal Catasto Gradenigo sappiamo che il bosco occupava più di 125 ettari e tale si mantenne sino alla fine del 1800.
Tutti i boschi però subirono la modificazione più incisiva nel secolo scorso, durante le due guerre mondiali, quando vennero sottoposti a taglio a raso per la produzione di legname a scopi bellici, ma grazie al mancato dissodamento di alcune parti dei terreni, sono riusciti a ricostituirsi naturalmente. Inoltre, l’attiva gestione antropica a scopi produttivi ha interessato maggiormente la componente arborea; la componente erbacea si è, invece, mantenuta inalterata e rappresenta sicuramente l’elemento di più alto pregio naturalistico
Attualmente, la loro estensione supera di poco i 60 ettari complessivi e sono concentrati nella porzione più orientale della pianura, ad eccezione del Bosco di Carpenedo a Mestre situato più a occidente, che risulta fortemente isolato ed inserito in un forte contesto urbano (poco lontano dalla tristemente famosa tangenziale).
Oggi visto il carattere relitto e l’esigua presenza di testimoni analoghi nella pianura veneta sono inclusi tra i Siti di Importanza Comunitaria e sono accessibili al pubblico solo per scopi didattici o scientifici.

 

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