mercoledì 25 gennaio 2017

Sette buone ragioni per opporsi alla capitozzatura

È ora di dire basta, con forza, alle potature selvagge che continuiamo a vedere soprattutto nelle nostre città! Basta ad alberi ridotti a pali della luce e usati tra l’altro spesso come porta-manifesti o come supporti su cui inchiodare (!) annunci, messaggi o pubblicità varia. Basta ad abeti, pini e cedri capitozzati e privati della loro parte più nobile, la punta, con l’assurda paura dei fulmini (come se attorno la fitta rete di antenne, tralicci e punte metalliche varie non fosse un elemento attrattivo ben più importante). Basta a pioppi, tigli, aceri, bagolari, carpini ed anche qualche rara quercia trattati come semplici pezzi di legno da “pulire”, sfoltendone i rami sino a ridurli a pochi moncherini perché le foglie “sporcano e intasano le grondaie”, o perché il loro fogliame oscura la luce dei lampioni oppure per le poco convincenti ragioni di sicurezza.
Basta a lavori fatti da persone improvvisate, finti giardinieri forti solo dei loro massimi ribassi nelle offerte economiche, ma con la capacità di un macellaio e le conoscenze botaniche di un broker di Borsa (con tutto rispetto per macellai e broker).
Gli alberi, al di là del loro rispetto per motivi etici e di semplice amore per la vita e per le creature della Natura, sono un patrimonio importantissimo, in particolare per gli ambienti urbani e periurbani. Oltre a rendere più belle e gradevoli le nostre città e ad elevare, è dimostrato, il valore immobiliare delle abitazioni limitrofe, gli alberi contribuiscono a svolgere una serie di importanti funzioni ecologiche direttamente connesse alla nostra qualità della vita. Tigli, frassini e biancospini sono tra le essenze che offrono la maggiore assimilazione di anidride carbonica per metro quadrato di fogliame. Olmi, ippocastani, aceri e ancora tigli sono ottime barriere contro le polveri sottili, tanto che 5000 piante assorbono sino a 228 chili di PM10, ovvero le emissioni di mille macchine che percorrono in un anno circa 20 mila chilometri. Tutte poi producono ossigeno e filtrano e riducono rumori, luci, vibrazioni, oltre a contribuire in modo decisivo ad ammortizzare il microclima urbano, in particolare mitigandone il tipico effetto da “isola di calore” che avvertiamo soprattutto in estate.
Secondo gli esperti una città ideale dovrebbe avere almeno il 40% della superficie ricoperta di alberi per tamponare al meglio gli impatti antropici, ma purtroppo in Italia il verde urbano contribuisce in media solo al 2,7% del territorio cittadino (Istat 2014).

Le ragioni del no alla capitozzatura

Secondo la Società internazionale di arboricultura, sono almeno sette le ragioni per dire no all’attuale modo di trattare gli alberi e in particolare alla barbara pratica della capitozzatura.
1.Sviluppo di malattie, funghi e parassiti. I monconi di un albero capitozzato formano ferite difficili da rimarginare (anche perchè quasi mai sui tagli viene messo l’apposito mastice cicatrizzante). Al contrario questi tagli e cavità vengono rapidamente attaccati e colonizzati da funghi, spore, insetti e parassiti vari che intaccano ulteriormente la struttura del legno, rendendolo ancora più fragile (e quindi giustificando poi il successivo taglio dell’albero).
2. Ricrescita accelerata dei rami deboli. La pianta reagisce alla capitozzatura gettando nuovi rami epicornici, ovvero che spuntano dalle gemme secondarie sparse nel tronco. Si tratta però di rami deboli, con attaccatura fragile, che la pianta produce in gran quantità per ricostruire al più presto la necessaria massa fogliare. Il risultato è che in poco tempo avremo una gran quantità di rami ma più fragili e pericolosi, una chioma squilibrata ed una forma dell’albero che comunque si presenterà poco armonica e meno bella. Tra l’altro per ogni ramo tagliato muore anche una o più radici, con un indebolimento strutturale della pianta che, ricordiamo, nei casi di alberi maturi è sottoposta alla base a forze di trazione pari anche a 200 t., per esempio nelle giornate di vento. Insomma una situazione complessiva che “chiamerà” la necessità di nuove potature.
3. Aggravio dei costi. Per i motivi precedenti l’uso pesante della motosega, anche se dà la sensazione di poter risparmiare, in realtà crea situazioni che richiederanno presto nuovi interventi di manutenzione (ma forse è proprio ciò che si vuole!).
4.Deficit nutritivo e indebolimento generale. Qualunque intervento che rimuova più di 1/3 della chioma modifica il metabolismo dell’albero causando un deficit di sostanze nutritizie ed abbassando le difese immunitarie dell’albero nei confronti di vari patogeni (soprattutto in un ambiente insalubre come quello urbano).
5. Shock solare. Riducendo o eliminando la chioma si espone la corteccia del tronco e dei rami residui all’azione diretta dei raggi solari, che producono delle vere e proprie scottature.
6. Brutture. Inutile dire che gli alberi capitozzati sono penosi, brutti a vedersi e fanno tanta tristezza. Sino a quando non ripristina la chioma, la pianta apparirà come mutilata e sfigurata, privata della sua importante funzione estetica.
7. Morte dell’albero. Alcune specie, come ad esempio i faggi , mal sopportano le potature e la riduzione improvvisa del fogliame facilmente porta alla morte della pianta.
Insomma le capitozzature sono inutili, brutte, costose e dannose, mentre le potature, fatte sempre da specialisti, andrebbero limitate solo alle situazioni di reale pericolo (es. rami secchi o pericolanti). La miglior potatura comunque rimane sempre quella che non si vede, che non stravolge la forma e la fisiologia della pianta.
Da notare poi che per legge nazionale (n.10/2003 “Norme per lo sviluppo degli spazi verdi urbani”) tutti i comuni con più di 15.000 abitanti sono obbligati a dotarsi di un catasto degli alberi e di un regolamento di buona gestione del verde, mentre a fine mandato gli amministratori devono produrre un “bilancio del verde” in cui dimostrate il proprio operato in materia di verde urbano.
No dunque alle capitozzature degli alberi, sì al diritto della pianta di crescere con i suoi rami liberi verso il cielo. A sostegno di tutto ciò possiamo infine aderire alla bella campagna promossa dalla Rivista Terra Nuova.

 

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