di Alfredo Mantici
Per tradizione il presidente degli Stati Uniti nell’ultimo anno del suo mandato viene definito – senza intenti dispregiativi – una “Lame Duck”, un’“anatra zoppa”, in quanto la sua capacità di intervento sulle principali questioni di politica interna ed estera viene ritenuta limitata a causa dell’imminenza fisiologica dell’abbandono del potere.
Barack Obama, a poche settimane dalla scadenza del suo mandato, sembra intenzionato a smentire questa tradizione, mostrando un attivismo di tutto rispetto non soltanto in politica estera – il suo segretario di stato John Kerry è impegnato in serrati colloqui con la sua controparte russa sulla questione siriana – ma anche in politica interna e, in particolare, a sostegno della campagna presidenziale della sua collega di partito Hillary Clinton.
Non soltanto il presidente e sua moglie Michelle non si risparmiano quando si tratta di intervenire pubblicamente a favore di Hillary, ma il capo della Casa Bianca minaccia addirittura di dichiarare cyber guerra alla Russia, colpevole di essere all’origine delle imbarazzanti rivelazioni pubblicate da Wikileaks, il sito di Julian Assange famoso per aver violato i sistemi informatici di molti governi, che il 12 ottobre scorso ha messo in rete migliaia di mail intercorse tra la candidata democratica e il capo della sua campagna elettorale, John Podestà. Si tratta di una corrispondenza indubbiamente scomoda perché rivela, tra l’altro, che Hillary Clinton ritiene che l’Arabia Saudita – che finanzia generosamente la sua campagna – e il Qatar siano responsabili del sostegno economico ai jihadisti dell’ISIS.
La reazione dell’Amministrazione Obama a queste rivelazioni è stata furiosa e molto più vivace di quella dei diretti interessati. Fonti della Casa Bianca, pur senza fornire alcuna prova, hanno immediatamente dichiarato che il presidente è convinto che dietro Assange – da anni rifugiato nell’ambasciata dell’Ecuador a Londra per sfuggire a una richiesta di estradizione svedese e americana – ci siano i servizi segreti russi e che gli hacker che hanno penetrato i sistemi informatici del Comitato Nazionale Democratico abbiano agito per ordine del Cremlino, intenzionato a intervenire direttamente nella campagna elettorale americana.
(Il fondatore di Wikileaks Julian Assange)
La dichiarazione di guerra 2.0 di Obama
Per rispondere per le rime a questa asserita ingerenza russa negli affari interni americani, Obama avrebbe ordinato alla CIA di predisporre i piani per una intrusione informatica di “rappresaglia” nelle comunicazioni istituzionali di Mosca allo scopo di trovare spunti informativi in grado di “mettere in imbarazzo” Vladimir Putin e il suo governo. La notizia di questa “dichiarazione di guerra 2.0” è stata data il 14 ottobre dalla rete televisiva americana NBC che, citando anonimi funzionari dell’Agenzia di spionaggio statunitense, ha parlato di una “covert operation” decisa dalla Casa Bianca per contrastare le “nauseanti tattiche” del presidente russo.
Le stesse fonti hanno sottolineato che sulla questione non ci sarebbe consenso unanime ai vertici dell’Amministrazione Obama. Infatti, uno degli anonimi funzionari della CIA interpellati dalla NBC ha sostenuto che “mettere in imbarazzo Putin potrebbe essere difficile perché non c’è nulla che gli Stati Uniti possano fare senza provocare una inadeguata risposta russa. Per esempio se pubblichiamo i conti bancari di Vladimir Putin, che facciamo quando i russi rispondono rendendo pubblici i movimenti bancari del conto di Barack Obama?”.
Di fronte allo scoop della NBC, l’entourage del presidente americano non ha potuto che confermare le informazioni fatte filtrare dagli anonimi funzionari della CIA. Il vice presidente Joe Biden, intervistato il 14 ottobre nell’ambito del seguitissimo programma televisivo Meet the press ha dovuto ammettere la fondatezza delle rivelazioni sulla pianificazione di un attacco informatico ai danni del Cremlino, sostenendo che “stiamo mandando un messaggio a Putin, un messaggio che arriverà quando noi lo decideremo e nelle circostanze che garantiranno un suo forte impatto”.
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La reazione della Russia
Le reazioni russe alle nuove minacce della Casa Bianca sono state molto nette. Da un lato il portavoce del Cremlino, Dimitry Peskov, ha definito le accuse americane “un non senso”, aggiungendo che “ogni giorno migliaia di hacker tentano di penetrare i siti istituzionali della Russia, senza che per questo Mosca punti il dito contro gli Stati Uniti […] le minacce contro Mosca e contro il governo russo sono senza precedenti anche perché sono state confermate dal vice presidente degli Stati Uniti”.
Dall’altro lato, l’ambasciatore russo alle Nazioni Unite, Vitaly Churchin, si è detto preoccupato perché “la situazione (dei rapporti tra USA e Russia, ndr) è veramente cattiva, probabilmente la peggiore dal 1973 (ai tempi della guerra del Kippur, ndr)”.
Insomma, la situazione appare decisamente seria e merita almeno due considerazioni ambedue negative. La prima riguarda Obama, il quale decide di alzare il livello della tensione nelle relazioni internazionali non per seri motivi di difesa della stabilità globale, ma per sostenere la campagna elettorale del candidato del suo partito. La seconda si riferisce alla manifesta incapacità della sua Amministrazione di pianificare un’operazione clandestina della CIA senza che nel giro di ventiquattr’ore solerti “fonti anonime” non ne rivelino tutti i dettagli alla stampa. Quello della cyber guerra è pertanto probabile che passerà alla storia come l’ennesimo flop di un’Amministrazione che negli affari internazionali, negli ultimi otto anni, non ha certo brillato.
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Fonte: http://www.lookoutnews.it/usa-russia-cyber-war-cia/
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